LETTURA CORRIERE DELLA SERA
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- 15 mar 2017
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CORRIERE DELLA SERA- LA LETTURA
DOMENICA 14 FEBBRAIO 2016
IL CASO- LA DENUNCIA DI COLLUSIONI E OMERTA' IN CALABRIA (E' NON SOLO), LA CONDANNA PER DIFFAMAZIONE: PARLA IL GIORNALISTA FRANCESCO GANGEMI
dal nostro inviato a REGGIO CALABRIA
CARLO VULPIO

Se questo e' un giornalista. Se questo e' un uomo. Se questa e' giustizia. Se questo e' un paese civile democratico. Nella sua casa , al terzo piano di un qualunque condominio di quell'ammasso di cemento che e' Reggio Calabria – il sacco edilizia di questa città non e' stato da meno del sacco di Palermo - , vive, o forse sarebbe meglio dire sopravvive, un distinto signore dai capelli bianchi e dalla parola tagliente. Si chiama Francesco Gangemi, e' giornalista da 40 anni e dirige un periodico , “IL DIBATTITO” (ora anche online- DIBATTITO-.NEWS.WIX.COM), che da quando e' nato ha tolto il sonno a mafiosi, corrotti, e a molti, moltissimi magistrati, che in queto giornalista – figlio di un regio carabiniere che a Roma svento' un'attentato contro il RE d'Italia – hanno sempre visto un grandissimo rompicoglioni. Alla fine, ce l'hanno fatta. Gangemi e' stato “impacchettato”,come dice lui, con una raffica di condanne per diffamazione a mezzo stampa e, l'ultima, per essersi rifiutato di rivelare la proprie fonti fiduciarie. Quindi non aver scritto il falso, ma per avere offeso”l'onore e la reputazione” dei querelanti e, soprattutto, per non avere violato il segreto professionale, che per un

giornalista non e' meno sacro di quanto lo sia per un medico, un avvocato, un sacerdote, un magistrato. E' cosi', i magistrati ai quali Gangemi chiedeva conto gli hanno presentato un “conto” di due anni e undici mesi di reclusione e alla fine dell'anno scorso lo hanno fatta arrestare. Se farà' il bravo, Gangemi otterrà' uno “sconto” di tre mesi all'anno e potrà' trascorrere in questa umiliante condizione”soltanto” due interi anni, il 2016 e il 2017.
Non era la prima volta che gli mettevano le manette, ma in questo caso hanno dovuto “graziarlo” con l'affidamento ai servizi sociali, perché' Gangemi, questo mostro, questo pericolo pubblico,ha 81 anni ed e' invalido al cento per cento, a causa di un cancro che ostinatamente superato con la radio terapia e di un delicato intervento chirurgico al cuore che lo fa vivere appeso a un filo.
“Vengo trattato peggio di Brusca – dice a”LA LETTURA” - e di tutti quei criminali sanguinari chiamati”pentiti” e ricompensati con denaro dai cittadini.
E' evidente e persino scontato che la corte europea dei diritti dell'uomo fara' a pezzi questi provvedimenti, censurando ancora una volta l'Italia, che mette in galera i giornalisti e che trova “normale” stare in Europa pur tenendo la stampa sempre sotto schiaffo (tra galera, perquisizioni,sequestri, e risarcimenti milionari, specialmente quando le presunte parti lese sono loro, i magistrati).
La legge pero' sa essere cinica e spietata e dunque Gangemi adesso e' recluso in casa perché', dice il provvedimento del giudice di sorveglianza di Reggio Calabria, e' “socialmente pericoloso”, “ha bisogno di essere rieducato”, deve osservare l'assoluto divieto di frequentare “delinquenti,mafiosi, e botteghe nel quali vengono somministrate bevande alcoliche”,puo' uscire di casa”solo dalle ore sette alle 21, ma limitatamente alla provincia di Reggio Calabria, salva autorizzazione del magistrato”e”ogni settimana dovra' telefonare al magistrato di sorveglianza” che , ogni tre mesi,relazionerà' al Ministero della Giustizia sulla sua condotta.
Francesco Gangemi puo' essere considerato un giornalista piu' o meno bravo,piu' o meno chic, ma di sicuro e' un giornalista che si e' sempre assunto la responsabilità' dei propri articoli, ha sempre chiesto che fine facevano certe denunce e certe inchieste quando le vedeva evaporare in nuvole di parole in cui, immancabilmente,”la giustizia deve fare il suo corso”,e non si e' mai intruppato nelle pelose procesioni dei professionisti dell'antimafia. Gangemi e uno che nella libertà' di stampa ci crede. “Non mi arrendero' mai – dice - .Anche se so bene che le mie catene non si sono piu' allentate da quando ho cominciato a criticare, carte alla mano, mafiosi e magistrati.Questi ultimi non hanno mai tollerato due cose:che indicassi quelli di loro che sono collusi e corrotti, e infatti alcuni di quei magistrati sono stati poi condannati a pene pesanti,e che facessi i nomi di quelli che insabbiavano i processi, sia le grandi inchieste, come l'affondamento delle navi cariche di scorie radioattive nel nostro mare, sia le”ordinarie” storie di appalti truccati, di tangenti, e di favori a magistrati e a loro parenti”.
I guai di Gangemi cominciano alla fine degli anni novanta, quando diventa di dominio pubblico lo scandalo dell'inabissamento in mare, doloroso e danaroso, di almeno una ventina di navi cariche di scorie radioattive. Una torbida vicenda in cui erano coinvolti l'Italia e altri stati europei e africani,i servizi segreti, la' ndrangheta,e che fu la causa dell'assassinio in Somalia – Mogadiscio, 20 marzo 1994 – dei giornalisti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin,e poi – Reggio Calabria, 12 dicembre 1995 – dell'improvvisa morte, avvenuta per avvelenamento, dell'ufficiale della capitaneria di porto, Natale De Grazia , che su questa storia molto bene indagava e troppe cose sapeva. Tanto che nel 2004 il Presidente Carlo Azeglio Ciampi lo premio con la medaglia d'oro alla memoria, elogiandolo per il lavoro svolto”nonostante – disse il Capo dello Stato – pressioni e atteggiamenti ostili”.
Gli stessi atti ostili e le stesse pressioni che Gangemi a denunciato per anni,chiamando in causa, insistentemente e a volte anche pesantemente, quasi tutti i magistrati di Reggio Calabria e non solo, i quali secondo lui”lo scritto nel pieno esercizio del diritto di critica garantito dalla costituzione, e lo ribadisco”,erano “colpevoli” di far poco o nulla di fronte a fatti gravi e documentati.
“Non hanno mai nemmeno ascoltato i testimoni da me citati – racconta Gangemi -. Invece le querele contro di me da parte di magistrati e di condannati per mafia ,fioccavano.Querele temerarie, ma chi le faceva era sicuro che prima o poi qualche condanna per diffamazione sarebbe arrivata”.,Ancora poco, pero', incongrnto a cio' che gli accadde' il 4 novembre 2004, quando a casa sua alle cinque del mattino arrivarono diciasette volanti della polizia.
Lo perquisirono,gli sequestrarono tutto e lo arrestarono. Le accuse:art.416 bis,associazione mafiosa,e art.338 minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario dello stato.Era accaduto che Gangemi avesse pubblicato sul suo giornale, l'unico ad averlo fatto in Italia,i verbali di udienza (pubblici) di un processo per fatti di mafia che si stva svolgendo a Catania in qui erano pesantemente coinvolti alcuni magistrati calabresi. Con Gangemi,e con le stesse accuse , la procura di Catanzaro(procuratore Lombardi, PM Spagnolo e DE Magistris, l'attuale sindaco di Napoli) arresto' anche l'avvocato Ugo Colonna,stimato professionista e testimone di giustizia, e fece persino chiudere il giornale. Colonna e Gangemi furono poi assolti in formula piena. Il presidente Ciampi definì Colonna, che resto' in carcere, tra i mafiosi per una decina di giorni”l'Ambrosoli dell sud”, mentre Gangemi fece un mese in cella,anche lui tra i pericolosi mafiosi e altri nove mesi ai domiciliari, con l'accusa da in concorso esterno di associazione mafiosa.
A Gangemi e' stato successivamente riconosciuto un risarcimento di 625mila euro per ingiusta detenzione ma non ha visto un soldo. Quella somma la requisita Equitalia.”Nel 1989 – dice - ,come dirigente della USL di REGGIO Calabria avevo riconosciuto ad alcuni dipendenti, nel rispetto della legge, qualifiche professionali superiori. Che pero' sono state giudicate”danno erariale”. Insomma, hanno trovato il odo di tenersi i soldi per il carcere ingiusto che ho patito”l'ultima parte della sua vita, Gangemi la sta vivendo da carcerato in casa.”Mi hanno fatto male,mi hanno rubato il mio modo di vivere”, dice.”Ma finché vivrò' non mi arrenderò'.
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