MASSONERIA 4
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- 31 gen 2017
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IL NOTAIO PIETRO MARRAPODI

PARTE IV. Com’è stato ucciso Pietro MARRAPODI. Una notte, sono le ore tre, una Mercedes nera con tre uomini a bordo, si ferma in una zona, dove pare vi fosse una casa appartenente a un ex Maresciallo dei Carabinieri, in affito ai cosiddetti servizi segreti. Vicino, è in sosta una Fiat “Topolino”, con dei medici, a me sconosciuti, a bordo. Le tre persone si avvicinano agli occupanti della Fiat e li invitano ad allontanarsi. Verso le ore 10.00 del mattino seguente, il notaio accompagna la moglie a fare la spesa. Al ritorno, sono circa le ore 12.00, il notaio avverte la moglie: sono nello studio, quando è pronto mi chiami. Infatti, all’ora di pranzo, la signora chiama il marito, che non risponde. Scende nello studio e la scena che si presenta, è sconvolgente. Il marito, è legato con una corda al collo, appeso alla ringhiera della scala. In sostanza, è stato ucciso. Ora, ritorniamo

all’inchiesta svolta dall’ottimo Magistrato, dr Agostino CORDOVA. Sul luogo del delitto, il primo a giungere, se ben ricordo, è MOLLACE Francesco, che manda via tutti gli agenti delle volanti che erano presenti e apre la cassaforte, dove il notaio teneva i documenti tra i quali tutti gli atti di compravendita d’immobili della famiglia De Stefano. Nell’inchiesta sulla vita di Marrapodi, che continuerò a rendere di pubblica opinione, ti dirò popolo pio, la guerra tra bande di magistrati.
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MARRAPODI PIETRO: Sono stato scritto alla loggia massonica Giuseppe Logoteta di Reggio Calabria, nata per scissione nei primi anni settanta della loggia Bovio-Logoteta, accettando delle cariche e divenendo Oratore, cioè il custode delle leggi. Ricevetti Corona a nome di tutte le logge calabresi in occasione di una visita ufficiale a Reggio Calabria nei primi mesi 80 ed ebbi modo d’affermare nel mio intervento che la dignità profana dei massoni aveva subito un duro colpo degli eventi della P2. Mi rendevo conto che la massoneria incominciava ad agire come fosse un partito politico, assai vicino all’area socialista. Il concetto di solidarietà massonica che prevede un intervento di aiuto ai fratelli bisognosi nel lecito, non veniva più discusso, ma artatamente si programmavano conferenze su vari argomenti, fatte solo per non lasciare spazio alla discussione sui veri ideali massonici. Mi sono, pertanto, allontanato dall’attività della loggia per molto tempo. Si era verificato anche un episodio che mi spinse a ciò. Un mio amico, Colonnello Franco Morelli, che aveva avuto fra l’altro il merito di segnare la prima mappa mafiosa nel reggino, era stato presentato alla P2 da altro mio amico e fratello dottor Ferrari, che gli aveva proibito di parlarmene. Ferrari Francesco, veterinario, era – credo – maestro venerabile della loggia di mia appartenenza e la proibizione di far parola con me dell’iscrizione, dipendeva dal fatto che era sicuro che io avrei sconsigliato dal sottoscrivere la domanda che egli gli aveva portato. Ciò accadeva intorno ai primi anni ottanta. Nel frattempo ebbi il sospetto che la “politicizzazione” della massoneria, già avviata col GM Corona, proseguisse particolarmente con Di Bernanardo. Mi feci questa convinzione sulla base della parola di fratelli appartenenti alla mia stessa loggia. Ho ripreso la mia frequentazione più assidua da meno di due anni, ma già avevo ripreso a frequentare in epoca anteriore, cioè quando appresi dalla stampa che la Democrazia Cristiana, anzi che qualche partito politico (proprio la DC NDR) richiedeva ai suoi iscritti una dichiarazione di non appartenenza alla massoneria. Cosa che tuttora ritengo gravissima perché espone la massoneria a essere giustamente giudicata come istituzione che cerca le quinte colonne ove non adotti una eguale misura. Rimando alla lettera di cui appresso. Gli appartenenti alla loggia Logoteta, sono circa ottanta nella lettera che ho inviato per conoscenza a questa Procura, ho indicato il dottor Roberto Rechichi. Attuale venerabile della Loggia, medico a Reggio Calabria. Foti, è un altro medico pure fratello, con carica di primo sorvegliante. La discussione cui accenno nella mia lettera è avvenuta, il 24.11.1992. Avevo in precedenza consegnato più missive al dottor Richichi. Durante una riunione avvenuta il 20.09.1992, ho notato il persistere da parte del primo sorvegliante di atteggiamenti confliggenti con quelli che secondo me sono le regole della massoneria, e lo 06.10.1992, ho chiesto che si rettificasse il verbale della precedente riunione come da documentazione che produco in copia. L’ufficio acquisisce copia del documento che contrassegna col n.1, sigla del PM. Il 6 ottobre 1992, andai a un’altra riunione, e in quella occasione lessi una mia dichiarazione che pure produco, contrassegnata col numero 2. Io non sono a conoscenza di fatti specifici di natura criminale che attestino una devianza delle regole massoniche. Mi baso su dati giornalistici. Ho inteso solo dire che mi sarei rivolto all’A. G. affinché la stessa accertasse che vi fossero specifici interessi, magari di rilievo penale, a determinare comportamenti non ortodossi, puntualmente da me evidenziati verbalmente e per iscritto all’interno dell’associazione. Il 24.11.1992, quando lessi sulla stampa che Di Beranrdo secondo le sue dichiarazioni avrebbe esibito l’elenco al Presidente della Repubblica, ma no al Giudice CORDOVA, consegnai una missiva datata 24.11.1992, che pure produco in copia (doc. 3). Non conosco tutti gli appartenenti alla mia loggia anche perché molti sono entrati di recente. A sua specifica domanda rispondo che i nominativi degli iscritti alla loggia in parola, risultano da un elenco che ha funzione di registro di presenza. Stante il clima che si è instaurato non ho prestato attenzione volutamente ai nominativi perché ho sempre sostenuto che tali elenchi dovessero essere consegnati a tutti i fratelli mentre sono tenuti solo dai dignitari. Io firmo un elenco delle presenze per ciascuna riunione. E' un elenco degli iscritti, finalizzato alla raccolta delle firme dei presenti. L’elenco di tutti gli iscritti, compresi gli assonnati, è accessibile soltanto al segretario dottor Piazza Giuseppe (commercialista a Villa S. Giovanni), al venerabile, all’oratore DOLDO, mi pare assistente universitario e a coloro che, ricoprendo una determinata carica, hanno la possibilità di accedere all’armadio dove sono custoditi. Gli altri fratelli possono solo conoscere i nominativi di coloro che presenziano.
Fine parte IV°. Continua.
Francesco Gangemi
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