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MAMMA CHE MAMMA SANTISSIMA

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  • 23 dic 2016
  • Tempo di lettura: 12 min

PARTE V

I principali protagonisti delle vicende investige. Prima di passare ai profili più schiettamente dinamici delle vicende investigate, legate alla ristrutturazione del sistema ndranghetistico, infiltrato nella grande distribuzione alimentare, è opportuno premettere un’analisi dei principali protagonisti delle vicende coinvolte e del loro reciproco relazionarsi, a prescindere dal ruolo loro ricoperto in quelle dinamiche. Si è già accennato, infatti, come la relazione tra la componente della ndrangheta dedita all’intimidazione e quella dedita all’infiltrazione sociale, non siano quasi mai palesi ed evidenti, ma piuttosto mediate da altri soggetti ovvero percepibili sulla base dell’inserirsi di ciascuna delle predette condotte, in un sistema funzionale volto a conseguire il risultato finale del controllo o condizionamento di interi settori di mercato. E’ evidente, allora, come la chiara cognizione delle qualità soggettive di ciascuno dei protagonisti delle vicende, potrà illuminare la comprensione delle modalità relazionali investigate ed agevolare l’accertamento in ordine alla loro schietta funzionalità all’obiettivo di ri-organizzare la storica commistione tra ndrangheta ed imprese della grande distribuzione alimentare, all’esito del fallimento della GDM S.p.a. e dei sequestri che avevano interessato le imprese riferibili al duo Suraci-Crocè.Com’è tipico, infatti, delle indagini in materia di criminalità organizzata, è necessario che la prova logica, volta alla dimostrazione giuridica di complesse vicende, fondi su solide basi di fatto che consentano, poi, il coerente sviluppo dell’argomentazione probatoria, anche in chiave inferenziale. Ed in maniera particolare, nella presente indagine, è decisivo cogliere le modalità relazionali, attraverso le quali i principali protagonisti delle vicende investigate si sono rapportati. Giova, infatti, ribadire come le condotte d’infiltrazione della ndrangheta nei sistemi economici e politici, potrebbero non costituire in sé reato, essendo di per sé descritta dalla norma in termini penalmente neutri. E però la dimostrazione del disvalore penale di tali comportamenti, in quanto inseriti e qualificati all’interno del sistema associativo descritto dalla fattispecie di reato in questione, raramente può giovarsi di prove cd. dirette o storiche; di prove cioè capaci di dimostrare immediatamente il fatto nei termini sopra descritti; piuttosto, sarà la prova logica a dovere fondare - nella normalità dei casi - la ricostruzione induttiva del come l’infiltrazione nei sistemi sociali dominanti, si innesti nella più ampia struttura associativa. Le condotte descritte nella seconda parte del comma 3 dell’art. 416 bis c.p., infatti, sono per larga parte – in sé considerate – lecite: “…acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti per realizzare profitti…”, può costituire il legittimo obiettivo industriale o commerciale di un imprenditore che intenda egemonizzare o semplicemente espandere la sua azienda - grazie alle sue capacità economiche e/o al suo patrimonio tecnologico - in un settore, rispettando le norme giuridiche e le regole sociali. E poiché, come detto, è assai raro che sia lo stesso soggetto protagonista dell’intimidazione colui che organizza, governa ovvero realizza le condotte d’infiltrazione sistemica nei sistemi sociali che fondano la struttura di potere della ndrangheta, è necessario intendere le qualità soggettive e ricostruire pazientemente le relazioni tra i protagonisti di siffatte vicende, al fine di cogliere: la comune appartenenza all’associazione ed il solidale intento che - ciascuno con le proprie competenze e qualità - porta, affinchè questa si infiltri, restando a quello che qui interessa, nel settore della grande distribuzione alimentare. In proposito va rammentato l’insegnamento di Cass. Sez. Fer. n. 38881/2015 che, in motivazione, precisava (le sottolineature sono dello scrivente):“…Al riguardo, per vero, questa Suprema Corte (da ultimo, v. Sez. 2, n. 9269 del 05/12/2012, dep. 27/02/2013, Rv. 254871; Sez. 1, n. 16548 del 14/03/2010, dep. 29/04/2010, Rv. 246935; v., inoltre, Sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, dep. 31/10/2013, Rv. 258321) ha in più occasioni avuto modo di affermare che, ai fini della configurabilità dei gravi indizi di colpevolezza necessari per l'applicazione di misure cautelari personali, è illegittima la valutazione frazionata e atomistica della pluralità di elementi indiziari acquisiti, dovendosi non solo accertare, in un primo momento, il maggiore o minore livello di gravità e precisione dei singoli indizi, ciascuno isolatamente considerato, ma anche, in un secondo momento, procedere al loro esame globale e unitario tendente a dissolverne la relativa ambiguità e ad inserirli in una lettura complessiva che di essi chiarisca l'effettiva portata dimostrativa e la congruenza rispetto al tema d'indagine prospettato dall'accusa nel capo di imputazione. Nella valutazione complessiva propria del secondo momento del giudizio indiziario, infatti, ciascun elemento si somma e, di più, si integra con gli altri, di tal ché il limite della valenza di ognuno risulta superato e l'incidenza positiva probatoria viene esaltata nella composizione unitaria, sicché l'insieme può assumere il pregnante e univoco significato dimostrativo, per il quale può affermarsi conseguita la prova logica del fatto che non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica), quando sia conseguita con la rigorosità metolodogica che giustifica e sostanzia il principio del cd. libero convincimento del giudice (cfr., in tal senso, Sez. Un., 4 febbraio 1992, n. 6682, Rv. 191231).

La presenza di più elementi di accusa, invero, impone al giudice, chiamato a provvedere sull'applicazione della misura, di esaminarli non singolarmente ma nel loro complesso, dopo averne accertata la loro naturalistica certezza; e ciò per la ragione che la pluralità di elementi indiziari può costituire quella prova logica alla cui positiva presenza è conseguente l'emissione di un provvedimento limitativo della libertà dell'indagato (Sez. 1, n. 5894 del 07/12/1994, dep. 11/02/1995, Rv. 200653)

…”.



MARCIANO’ DOMENICO

Marcianò Domenico è un classico rappresentante della ndrangheta dedita al controllo territoriale, quella parte dell’organizzazione cioè che, con icastica lucidità, Cass. II n. 34147/2015 sopra citata, descrive come dedita e concentrata: “…sull'aspetto più cruento dell'associazione mafiosa ossia sui reati fine (estorsioni, usura, omicidi, traffico di stupefacenti ecc.) che vengono assunti ad indice del fenomeno associativo che sta a monte…” delle condotte d’infiltrazione dell’organizzazione nel tessuto economico-politico.

Non è un caso, allora, se egli, in data 6.2.2015, sia stato raggiunto dalla massima misura cautelare - nell’ambito del procedimento penale n. 3485/13 R.G.N.R. D.D.A., unitamente a Cartisano Carmelo Natale e Daoud Hamid - per il reato di estorsione aggravata anche dal metodo mafioso e sia stato, per ciò, condannato all’esito del giudizio abbreviato, con sentenza del sig. GUP in sede n. 196/2016 del 24.2.2016. Peraltro, con la citata sentenza, quel Giudice disponeva la trasmissione degli atti al PM, in relazione alle ulteriori emergenze risultate all’esito di quel giudizio.

Ed in effetti, le prudenti valutazioni e determinazioni di questo Ufficio ivi effettuate (laddove l’imputazione era stata limitata alla vicende estorsiva), erano strettamente connesse al più ampio panorama probatorio emergente in questo procedimento. Ma già nel proc. n. 3485/13 R.G.N.R. D.D.A., si coglievano a piene mani le qualità criminali del Marcianò ed il suo stabile inserirsi ed essere riconosciuto quale espressione della ndrangheta “territoriale”.

Nel rinviare per i dettagli ai provvedimenti giudiziari assunti nel citato procedimento ed agli atti che lo compongono, va qui sinteticamente riferito come il cittadino marocchino Touhami Abdelhak, dipendente dell’autolavaggio (denominato “Perlauto”, sito in via Marra Traversa Privata, Gallico) di proprietà di Daoud Hamid, detto “Mike”, avendo avuto dei dissidi con quest’ultimo che non lo aveva regolarmente registrato per come promessogli, aveva subito plurime minacce, culminate in un’aggressione fisica, da parte del Marcianò e del Cartisano (noti alla persona offesa, rispettivamente, come “Mico” e “Carmelo”), intervenuti nell’interesse del datore di lavoro.

Orbene, nella sua denuncia, oltre a tutti i dettagli dei fatti sin qui riferiti, Touhami Abdelhak aggiungeva di essere a conoscenza che i citati: “…“Mico” e “Carmelo”…” fossero “…legati alla criminalità organizzata locale…”, precisando di avere tratto questa convinzione dalla diretta percezione dei “…loro comportamenti quotidiani…” che essendo caratterizzati dalla “…prepotenza…” e dalla “…sopraffazione…”, erano “…quelli tipici dei mafiosi…”. Riferiva, poi, di avere appreso che Daoud Hamid, detto “Mike”, pagava una somma mensile a titolo di protezione “…al defunto boss di Gallico “Chirico Mimmo”…” al quale erano “…a vario titolo…”, imparentati “…“Mico” e “Carmelo”…”. Quindi, dopo la morte del Chirico, Daoud Hamid, detto “Mike”, pagava “…una somma mensile, di circa 300-400 euro, a “Mico”…”, per ricevere la sua protezione ed intervenire a favore dell’imprenditore magrebino in caso di necessità, così come era avvenuto in occasione delle reiterate minacce, culminate nell’aggressione fisica oggetto dell’imputazione nel proc. n. 3845/13 RGNR DDA. Riferiva ancora Touhami Abdelhak come - sempre nel citato contesto relazionale, alterato dall’arroganza sopraffattrice derivante dalla partecipazione alla ndrangheta - né il Marcianò, né il Cartisano (titolari di alcune attività imprenditoriali, una delle quali in società tra loro) e neppure i loro abituali frequentatori fossero soliti pagare le prestazioni di pulizia dei mezzi che portavano al citato auto-lavaggio. Mentre il “…Phone Center di proprietà della moglie…” di Daoud Hamid, detto “Mike” era il luogo in cui convenivano abitualmente il Marcianò ed il Cartisano, intrattenendosi in lunghi colloqui con lo stesso Daoud.

E sempre nell’ambito del proc. n. 3845/2013 RGNR DDA erano acquisite le dichiarazioni rese da un altro dipendente del citato autolavaggio: Et Touhami Abdelmajide, il quale - per quanto qui più interessa - riscontrava pienamente il narrato del denunciante – persona offesa, in ordine alle co-interessenze di Marcianò nell’esercizio imprenditoriale, riferendo: “…Mico, a volte insieme ad altri, viene spesso a trovarlo (Mike n.d.r) e si appartano nel Phone center – Western Union…non sono a conoscenza se paghi il lavaggio dei mezzi che porta , a me non sono mai stati pagati…”.

E nell’informativa n. 215/3 di prot. del 19.7.2013 - versata dagli atti del proc. n. 3845/2013 RGNR DDA - la Stazione CC di Gallico evidenziava, sul conto dei principali protagonisti dell’intimidazione, quanto segue:

“…

per quanto riguarda il MARCIANO’ Domenico, agli atti d’Ufficio, non risulta che sullo stesso pendano vicende penali né che i suoi genitori e/o i suoi parenti affini siano inseriti o affiliati alle consorterie criminali locali, ad eccezione dello zio materno PRATICO’ Giovanni, nato a Reggio Calabria il 23.02.1925, deceduto in data 08.01.2008, il quale era cugino del ben più noto “Don Mico Tripodo”, ovvero TRIPODO Domenico, nato a RC l’01.01.1923, indiscusso uomo d’onore della vecchia locale di Gallico, assassinato nel carcere di Napoli Poggioreale in data 26.08.1976; tuttavia il MARCIANO’ è solito accompagnarsi con persone controindicate e/o pregiudicate, tra le quali, fino a che è rimasto in vita, CHIRICO Domenico Consolato, nato a RC il 09.09.1951, assassinato a Gallico di RC in data 20.09.2010, di cui era ritenuto ai tempi il capo locale e già condannato ex art.416-bis del c.p., nonché con lo stesso CARTISANO Carmelo Natale, unitamente al quale risulta socio, al 50%, della ditta “M.C. s.a.s. di Domenico Marcianò & C.”, avente sede legale presso la residenza dello stesso MARCIANO’ e dedita all’attività di movimento terra ed edilizia in genere; si evidenzia infine che, in alcune circostanze, il MARCIANO’ risulta essere stato notato, una volta anche in compagnia del predetto CHIRICO Domenico Consolato, presso l’autolavaggio di “Mike” mentre interloquiva con quest’ultimo ed in una occasione, presso altra località, mentre era in compagnia di SCARPELLI Santo, nato a RC il 27.11.1976, residente a Villa San Giovanni in via Stazione Vecchia nr.28, fratello di SCARPELLI Patrizia e SCARPELLI Maria

…omissis…

Per quanto riguarda la figura del CARTISANO Carmelo Natale, lo stesso, grazie al legame familiare, si colloca pienamente nell’ambiente criminale ed all’interno delle cosche operanti su questo territorio. Infatti lo stesso è figlio di CARTISANO Domenico, nato a RC il 06.03.1954 ed assassinato in data 10.12.1988 insieme al suocero SURACE Paolo, nato a RC il 21.06.1939, pluripregiudicato ed indiscusso boss di Gallico degli anni ’80, mentre la madre si identifica in SURACE Giovanna, nata a RC il 10.10.1963, figlia del predetto SURACE Paolo e sposata in seconde nozze con il noto boss IANNO’ Paolo, nato a RC il 07.06.1964, già latitante ed attuale collaboratore di giustizia, con il quale è intercorsa una formale sentenza di divorzio nell’anno 2004; altresì la zia materna del CARTISANO si identifica in SURACE Caterina, nata a RC il 20.10.1961, vedova del già citato CHIRICO Domenico Consolato; infine il CARTISANO Carmelo Natale, già segnalato per reati ambientali e di abusivismo edilizio, risulta solito accompagnarsi con persone controindicate/pregiudicate/indagate e, in ragione dei predetti legami di sangue, può contare su numerose persone influenti nella sfera criminosa locale;

…”.

Orbene, i risultati delle attività investigative confluite nel presente procedimento corroborano definitivamente la sicura partecipazione del Marcianò - con un ruolo dirigenziale nel contesto della porzione dell’associazione criminale dedita al controllo territoriale - alla ndrangheta e nello specifico all’articolazione territoriale dominante sul territorio della frazione cittadina di Gallico.

Ed infatti, le conversazioni intercettate offrivano immediati riscontri alla relazione economica, intercorrente tra il Daoud ed il Marcianò, descritta da Touhami Abdelhak, in termini di pretesa estorsiva dell’indigeno, in cambio di protezione del magrebino.

Si legge in proposito nell’informativa n. 123317 del 21.4.2016 del Gruppo GdF RC:

“…

la conversazione avvenuta tra MARCIANÒ e “Mike”, captata dall’ambientale installata a bordo dell’autovettura tipo Audi A5 targata DP080TF, di proprietà di MARCIANÒ Domenico, con R.I.T. nr. 1438/14, progressivo 6063 del 12/11/2014 alle ore 10:46:33, nel corso della quale, il MARCIANO’ stesso richiede al “Mike” un incontro (…)Mike, verso che ora posso....verso che ora ci potremmo vedere secondo te?(…), il cui fine viene ben carpito dall’interlocutore, il quale anticipa una sua giustificazione relativa all’impossibilità di “dare” un qualcosa di dovuto all’indagato (…)Non lo so, non vedi che non sto facendo niente?io sto chiudendo!(…) Secondo te se ce li avevo non te li davo!(…).

…omissis…

A corroborare quanto appena asserito, si riporta la conversazione ambientale anch’essa registrata a bordo dell’autovettura tipo Audi A5 targata DP080TF, di proprietà di MARCIANÒ Domenico, con R.I.T. nr.1438/14, progressivo 11485 del 09/12/2014 alle ore 15:15:40, nel corso della quale, il MARCIANO’ ribadisce la richiesta di una non meglio precisata “dazione” (…)Ma quella cambiala là non andiamo a prenderla?(…) No, ti ha detto quella di dicembre, no questa. Questa era di Novembre!(…) Eh ma domani dobbiamo andare a prenderla sennò....eh...sennò quello dopo....domani vengono bussano a casa. Ti ho detto che quella di natale in poi...che è natale..uno...(…), circostanza che vede nuovamente il DAOUD giustificarsi con un periodo di crisi lavorativa (…)Non vedi che non stiamo facendo niente?(…).

…”

E la circostanza che le pretese del Marcianò siano state registrate a cadenza mensile costituisce un ulteriore riscontro alle dichiarazioni di Touhami Abdelhak.

Inoltre, ancora nell’informativa n. 123317 del 21.4.2016 del Gruppo GdF RC, emergono chiarissimi riferimenti alla disponibilità sostanziale dell’autolavaggio predetto in capo al Marcianò, allorchè è registrata – al progr. n. 26626 del 27.12.2014, RIT 703/14, utenza intercettata 3938700676 – una conversazione nel corso della quale l’imprenditore Musolino Domenico, dopo avere chiesto al Marcianò il numero di telefono di “Mike” (ovvero il noto Daoud) ed in stretta relazione alla necessità di contattarlo, gli chieda: “A che ora aprite la mattina la’?”, mostrando così di riconoscere proprio nel Marcianò il dominus dell’autolavaggio, in cui, invece, egli non ricopre alcuna carica o incarico formale.

E sempre nella citata informativa, si legge del rapporto di stabile frequentazione dell’autolavaggio e del Phone Center da parte del Marcianò che aveva eletto quei luoghi a punto d’incontro privilegiato per numerosi suoi appuntamenti.

“…

Nell’ambito dell’indagine, significativi, sono risultati i numerosi contatti e incontri che il MARCIANÒfissa proprio in “” dell’autolavaggio “PERLAUTO”.


Tale contingenza ha evidenziato l’opportunità di richiedere l’emissione di apposito decreto per intercettazione video nelle immediate adiacenze del predetto autolavaggio, nell’ambito del procedimento penale de quo, prontamente accolta dalle SS.LL.

Gli accertamenti compiuti sugli svariati appuntamenti che il MARCIANÒ è solito fissare “o lavaggio” sono stati utili per completare l’intrigato panorama di rapporti, più o meno leciti, e di insidiose connivenze tra la persona indagata e personaggi “controindicati” che risultano, direttamente o indirettamente, vicini alle cosche mafiose operanti nel territorio della provincia di Reggio Calabria.


L’autolavaggio rappresenta quindi per MARCIANÒ “uno spazio protetto, libero e confidenziale”.


Gli accertamenti ispettivi hanno messo in luce le modalità con cui tali incontri solitamente si svolgono: in particolare, l’indagato è consueto fissare i propri rendez-vous, previo accordi telefonici, nei pressi del citato autolavaggio, denominato “PERLAUTO”, dove è solito relazionarsi con i propri interlocutori all’interno dei locali dell’International Phone Center - Western Union, attività commerciale collegata all’autolavaggio, amministrata e gestita da LAFDALI Fatima, moglie dello stesso DAOUD Hamid.


Tanto detto in ordine all’episodio da cui è scaturita l’O.C.C. in parola, le circostanze sinora esaminate ed analiticamente valutate hanno permesso agli investigatori di ricostruire il profilo comportamentale del MARCIANÒ, dal quale si desume, in maniera inconfutabile, come egli sia succeduto, pienamente, al boss di Gallico CHIRICO Domenico Consolato dopo la sua morte: egli ne ha assunto la funzione operativa del controllo del territorio, gestendo le attività estorsive e decretando ritorsioni verso coloro che non rispettavano le regole della cosca.

…”.

Ed effettivamente, tutti gli elementi raccolti e sin qui sintetizzati, per un verso riscontrano definitivamente il narrato di Touhami Abdelhak, quindi offrono plurimi ed univoci elementi che consentono di riconoscere nel Marcianò il soggetto che ha proseguito la cura degli interessi economici del boss defunto Chirico Domenico Consolato (ucciso il 20.09.2010 in un agguato dalle chiare modalità mafiose).


Ed a riscontro ulteriore di questo specifico dato depongono le conversazioni, rassegnate nell’informativa n. 123317 del 21.4.2016 del Gruppo GdF RC (proprio nel capitolo dedicato all’indagato), nel corso delle quali ben emerge come il Marcianò si prenda cura della risoluzione di questioni economiche inerenti Surace Caterina, moglie del defunto boss Chirico Domenico, nonché procuri a Chirico Vincenza Lucia Cinzia, figlia del predetto boss, un posto di lavoro presso supermercato a marchio CONAD, insistente a Gallico, gestito dal sodale Chirico Giuseppe; secondo il tipico clichè della ndrangheta volto – come detto – ad utilizzare tali esercizi commerciali quali imprese in cui fare assumere sodali, loro familiari o soggetti contigui alle cosche.


Mi sembra di capire che in tutta l’attività di distribuzione alimentare vi sia la mano lunga della ‘ndrangheta. Personalmente, non ne sono a conoscenza se poi i titolari della grande distribuzione sono tenuti a pagare il pizzo non è affar loro bensì di chi è preposto all’ordine pubblico. Certo è che la grande distribuzione offre posti di lavoro in una città priva d’interventi statali e finanche orfana dell’unica risorsa statale ovvero della Cassa per il Mezzogiorno. Circa duemila giovani reggini hanno lasciato la città fantasma in cerca di lavoro nei paesi dell’Est. Oltretutto da considerare l’inerzia e l’incapacità politica e progettuale della Regione Calabria che presumo continui a puzzare di ‘ndrangheta e dei cosiddetti onorevoli che per la maggiore parte rischiano d’entrare nel beato mondo dell’analfabetismo. Gli Enti subregioanli altro non sono che orticelli per sistemare amici e parenti In quanto alla GDM di don Carlo Montesano, forse sarebbe utile che i magistrati impegnati nell’operazione della “Mammasantissima”, leggessero le copiosissime pagine scritte da questa Testata per rendersi conto del fallimento della giustizia e di alcuni apparati dello Stato che hanno agevolato l’intrigo disonesto della GDM. La mafia, quella che fa molto male a quel pezzo di società civile che ancora stenta a sopravvivere, è proprio quella invisibile, incuneata negli uffici, ad esempio dell’ATERP, e in altri apparati istituzionali. Se un cittadino ha l’esigenza di far valere un suo diritto costituzionalmente protetto, ha necessità di pagare il malfattore di turno che talvolta addirittura tenta d’approfittare sessualmente di donne perbene o che si trovino in gravi difficoltà. Non capisco come mai magistrati che provengano da esperienze negative in altri distretti giudiziari, ad esempio V. V., possano coinvolgere oltre cento soggetti tra i quali persone perbene, in un volgare vortice del malaffare. Non conosco la stroria criminale di MARCIANO’ e dei suoi accoliti né m’interessa. Comunque, se ha agito nei confronti di altre persone con fare tipicamente mafioso va punito severamente senza però il coinvolgimento di quanti per caso, diciamo, si trovino a passare, ad esempio, dalla pompa di benzina. In quanto al penito IANNO’, per quanto mi riguarda, è solamente un volgare ruffiano che tenta d’assumere la statura di Buscetta. Le verità che scottano sono che la nostra imprenditoria, quella sana, o ha subito interdettive o è stata sostuita dalle necessità, ad esempio, del presidente dell’associazione industriale e dei costruttori. Dimenticavo. Di quale tessuto economco si parla? Forse delle saraciniscono che ogni giorno si abbassano?

FINE PARTE QUINTA/CONTINUA.

Francesco Gangemi


 
 
 

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