IL PENTITO GIUSEPPE GRECO
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- 23 dic 2016
- Tempo di lettura: 4 min
IL PENTITO GIUSEPPE GRECO SI RIFIUTA DI COLLABORARE
QUELLO CHE SCRIVONO GLI ALTRI

Il pentito Giuseppe Greco sarebbe stato vittima di un agguato il 20 gennaio del 2015, ossia più di un anno prima di quello registrato nell'aprile scorso e che lo ha visto finire in ospedale con un colpo di arma da fuoco al polmone. Questo è quanto emerge dalle carte dell'inchiesta "Fata Morgana" messa a segno nei giorni scorsi dai pm antimafia Ferracane, Miceli,Musolino e Lombardo. Una collaborazione controversa quella del boss di Calanna, figlio del mammasantissima Don Ciccio Greco, capo società del locale mafioso del piccolo comune aspromontano, collegato ai Rugolino e agli Araniti. Dopo aver infatti rimediato una condanna nel processo scaturito dall'inchiesta "Meta" ha deciso di iniziare un percorso di collaborazione con la Dda reggina ed in particolare col pm Giuseppe Lombardo. Avrebbe steso tanti verbali, ma ancora la Dda non li ha svelati tranne per quanto ha riguardato l'inchiesta "Reale sei" che recentemente ha visto condannare in primo grado, per il reato di voto di scambio politico-mafioso, l'ex consigliere regionale Santi Zappalà pizzicato a chiedere voti a casa del boss di San Luca, Peppe Pelle. Già nel maggio del 2015 di Greco se ne erano perse le tracce. Doveva testimoniare in un processo di secondo grado a suo carico per fatti di droga, ma era risultato essere irreperibile. Poi il 16 ottobre scorso la sua dichiarazione shock in aula: "NON VOGLIO PIÙ SAPERE NIENTE, NON VOGLIO PIÙ COLLABORARE CON LA GIUSTIZIA NÉ AVERE IL SISTEMA DI PROTEZIONE". La Corte d'Appello, presieduta da Iside Russo con a latere Massimo Gullino e Stefania Di Rienzo aveva accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Fulvio Rizzo di sentirlo nel processo a suo carico. Una testimonianza richiesta molti mesi prima, ma che aveva registrato la sua presunta scomparsa. Scortato poi finalmente, GRECO È GIUNTO IN CORTE D'APPELLO, MA NON HA INTESO RISPONDERE ALLE DOMANDE DELL'ACCUSA E DELLE DIFESE AVVALENDOSI QUINDI DELLA FACOLTÀ DI NON RISPONDERE. MA NON SOLO. IL BOSS HA DETTO CON CHIAREZZA CHE " IO NON HO MAI FATTO ARRESTARE NESSUNO", PRENDENDO QUINDI LE DISTANZE DA QUANTO FINORA MESSO A VERBALE CON I VARI MAGISTRATI REGGINI CHE LO HANNO SENTITO IN VESTE DI COLLABORATORE DI GIUSTIZIA, SOPRATTUTTO IL PM ANTIMAFIA GIUSEPPE LOMBARDO CHE HA CURATO LA SUA COLLABORAZIONE. SUBITO DOPO, GRECO HA CHIARITO ALLA PROCURA GENERALE CHE LUI NON VUOLE PIÙ COLLABORARE CON LA GIUSTIZIA E NONOSTANTE IL PG RIZZO GLI ABBIA "RICORDATO" LE RESPONSABILITÀ A CUI ANDRÀ, EVENTUALMENTE, INCONTRO GRECO NON HA VOLUTO SENTIRE ALCUNA RAGIONE. « NON VOGLIO PIÙ COLLABORARE». Da qui il ritorno a Calanna. Il 4 aprile scorso infine, ha subito un agguato in cui è rimasto gravemente ferito, ma che ha visto anche registrare la morte di Domenico Polimeni, quarantottenne con precedenti di polizia che si trovava insieme a Greco al momento della sparatoria. Ma secondo gli inquirenti già nel gennaio del 2015 qualcuno avrebbe attentato alla vita di Greco, che di fatto risultava essere inserito a pieno nel programma di protezione e collocato in una località protetta.
Questo agguato- in cui però non è stata ferita nessuna persona- avrebbe addirittura un testimone si tratta di Santo Scarpelli, cognato di Domenico Marcianò, fermato nei giorni scorsi dall'Antimafia in quanto ritenuto "dirigente della porzione dell'associazione - con speciale riferimento alla ramificazione della cosca Condello, operante nel quartiere di Gallico, già facente riferimento al defunto Chirico Domenico Consolato - dedita al controllo del territorio, alla pratica dell'intimidazione, al collegamento con altri pari esponenti di altre cosche e alla detenzione delle armi".
"Non è un caso, allora, che lo stesso Scarpelli Santo - avendo avuto l'autovettura danneggiata dall'esplosione di colpi d'arma da fuoco, per un errore esecutivo, essendo un altro l'obiettivo di colui che aveva consumato il danneggiamento che, tuttavia, non aveva avuto remore ad usare l'arma ad ampio raggio, finendo così- è scritto nelle carte dell'inchiesta- anche per colpire l'autovettura dello Scarpelli - non denunci il delitto alle Forze dell'Ordine, ma si rivolga al cognato, affinchè intervenga a "vendicare", "...a botti i mitra..." l'affronto subito".
Durante la conversazione intercorsa tra i due soggetti, intercettata il 20 gennaio del 2015 all'una di notte, dalla microspia installata all'interno dell'automobile di Marciano, "Scarpelli riferisce al cognato di avere assistito a una sparatoria (...)si ma io stavo uscendo...(...) noooo...ma c'ero io là...hai capito...io mi sono trovato in un fuoco...noooo Mimmo nooo...stiamo scherzando?! Allora siamo pazzi...e usciamo tutti pazzi. Io sono uscito fuori... per sventura la'...bum bum...(incomprensibile)...sai dove..mmm?...(...) e, nel corso della stessa, l'autovettura di sua proprietà è stata per errore "il bersaglio" di alcuni colpi esplosi da un'arma da fuoco, ma, a suo dire, il destinatario di tale "messaggio subliminale" era in realtà tale "Greco"(n.m.i) (...)..con Greco ce l'hanno questi...(incomprensibile)...nooo Mimmo....(...) minchia ma... allora....hai la macchina di dietro e gli meni tutti quei...(incomprensibile)...addosso?! Hai visto che c'eravamo noi, no? L'hai fatto apposta allora!? Lo hai fatto apposta...e chi è stato l' ha fatto apposta!(...).
Indicativa è la richiesta- scrivono i magistrati- fatta dallo stesso SCARPELLI al cognato, di voler "rispondere" a tale gesto subito con l'ausilio del di lui cognato, riconosciuto, pertanto, come idoneo e dedito a tali servigi: "Vedi che è una cosa che ci tengo...ci tengo! A botti di mitra li devi prendere, Mico!! Ma in testa!! Mimmo ci tengo.. ti giuro!! Ti voglio bene...ma ci tengo!!(...) male male....me lo devi portare proprio...se ce l'avevo ora lo prendevo a botte di sei...(incomprensibile)...c'eravamo noi là...lo voglio io Mico...ha continuato a spararmi sopra la macchina!! Si Mico...ora ti faccio vedere io..."
Scarpelli quindi avrebbe assistito alla sparatoria e voleva una "vendetta" immediata. Il cognato Marcianò doveva lavare l'onta subita. " È chiaro, perciò, come il Marcianò- è riportato nel fermo- abbia gli strumenti, la disinibizione e l'autorevolezza per affrontare la questione, alla stregua di colui a cui è riconosciuta un'autorità sul territorio, equiparabile a quella dello Stato; e non è infatti, alle Forze dell'Ordine che lo Scarpelli si rivolge, quanto piuttosto alla ndrangheta, impersonificata dal Marcianò".
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