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LE QUERELE DI DON PEPPONE DI GIOVANNI FERRARI

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  • 13 nov 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

“non abbiamo bisogno di chissà quali grandi cose o chissà quali grandi uomini. Abbiamo solo bisogno di gente onesta” . (BENEDETTO CROCE).

“Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora, ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi”. (ENRICO BERLINGUER).

Il disonorevole DON PEPPONE dovrebbe apprendere i principi fondamentali della vita quotidiana, l’onesta, la moralità, l’arroganza, l’ignoranza, la vergogna, la spudoratezza, le mani sporche negli affari loschi della politica sono il suo vivere quotidiano.

Chi non conosce Don Peppone, non sa che non ha mai partecipato ad un concorso, è stato assunto per chiamata diretta in una banca gestita dal sistema clientelare della Democrazia Cristiana, un personaggio incapace, ignorante, inquieto, corrotto, sporco in cui ingannare la povera gente, rubare nelle proprie tasche, fa parte della sua filosofia.

La corruzione in Don Peppone è un fenomeno assai diffuso, è un cancro onnipresente che non risparmia nessuno, il termine corruzione deriva dal latino (corrumpere), significa pervertire l’integrità morale dove non vengono osservate le regole dello Stato di Diritto, dove il clientelismo é diventato norma, in cui si annida incapacità e immoralità nella gestione dell’amministrazione pubblica, tale fenomeno sottrae capitali alle casse comunali e aggrava a dismisura la dimensione del debito pubblico. L’indignazione dei cittadini truffati e che pagano regolarmente le gravose tasse e tributi, deve tradursi in un impegno senza precedenti, in grado di contrastare con misure durissime la corruzione, un vero e proprio cancro della nostra democrazia e liberarsi finalmente da questo personaggio assai compromesso facendolo marcire nella solitudine e nella sporcizia.

Inevitabilmente, la diffusione di pratiche di corruzione nello svolgimento dell’attività amministrativa in Don Peppone, finisce per influenzare negativamente le “performances” della gestione istituzionale, comportamenti che possono estrinsecarsi nell’accettazione di denaro, violazione di procedure, distorsione di denaro pubblico per fini privati, nuocendo a coloro che, invece, dovrebbero essere tutelati da un buon governo, la corruzione si annida laddove vi siano livelli consolidati di influenze di gruppi di interessi economici e politici e quando, dipendenti di pubbliche amministrazioni non abbiano una forte identità professionale.

La visione che ne deriva nella concezione utopica di Don Peppone è quella di considerare il cittadino, l’essere umano, un cliente e non una persona, vista nella sua proiezione sociale e nella sua dimensione storica, per cui l’azione amministrativa diviene una funzione necessaria per accrescere la promozione della persona umana.

Il disonorevole e disonorato Don Peppone, in cui la vergogna e la corruzione, sono un modello mentale, una stortura culturale che fanno spesso gridare le parole incise nelle lapidi dei defunti al cimitero contro il malaffare, la corruzione e la fenomenologia della mazzetta. Le regole dell’illecito si sono codificate, strutturate e diffuse a tutti i settori della pubblica gestione amministrativa ed a tutti i comparti dell’economia. Come cattivo mercato e cattiva politica si sono contaminati e reciprocamente legittimati, pertanto il contrasto e la punizione dei reati, sono esclusivamente compito della MAGISTRATURA, invece il cambiamento e il rinnovamento del sistema amministrativo compete soprattutto all’intera comunità. Sono in molti, ormai, a credere tra cui i fedelissimi di Don Peppone, che per risollevarsi dal baratro in cui è precipitato il nostro territorio, LA CULTURA sia il settore da cui ripartire, ossia coltivare l’interesse dei giovani e delle nuove generazioni affinché possa rinascere una rinnovata presa di coscienza sull’educazione alla legalità. I libri e la cultura, il coraggio di innovare, sono la migliore risposta al disagio sociale ed economico che i cittadini stanno vivendo, ma soprattutto alle recenti notizie di malaffare e corruzione: bisogna ripartire da qui per rilanciare la CULTURA e l’immagine del nostro PAESE.

L’interlocutore naturale di Don Peppone è la legge e quello che dovrà riferire e rispondere ai giudici di tutti i reati commessi, l’odierno antropologo dell’italico male, non ha fermato il meccanismo corruttivo, in quanto non è sceso dalla macchina del malaffare; purtroppo non ha mai letto e conosciuta la Legge 190/2012 “sulla trasparenza dell’attività amministrativa, un ruolo decisivo per la lotta alla corruzione e all’illegalità nella pubblica amministrazione. La corruzione e il malaffare saranno sconfitti e la giustizia trionferà.

Le conclusioni cui arriva Giovannino GUARESCHI sono: l’arresto di Don PEPPONE e dei suoi servi, la lettura in carcere di alcuni testi: Piergiorgio BAITA, “CORRUZIONE”, Pasquino CRUPI, “La ‘NDRANGHETA NELLA LETTERATURA CALABRESE”, Nicola GRATTERI e Antonio NICASO, “ PADRINI E PADRONI. Come la ndrangheta è diventata classe dirigente”. Solo così Don PEPPONE potrà capire tutto il male e il malessere causato alla povera gente onesta.

Chiedo scusa ai lettori, un giorno spiegherò le metafore e le allusioni in questa breve riflessione.

PROF. GIOVANNI FERRARI . DOCENTE UNIVERSITARIO


 
 
 

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