PALERMO-MESSINA
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- 5 nov 2016
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Un pauroso intreccio collusivo e corruttivo tra organi dello Stato e certa magistratura pongono in evidenza la mafiosità della famiglia Basile e dei suoi sgherri

PARTE VI. I fatti che destano non poca preoccupazione tra i cittadini perbene sono, in particolare, il trasferimento in altra sede del magistrato NASTASI giacché d’intralcio all’opera di demolizione dell’intoccabile – fino a quando? – famiglia Basile, accaparratasi con violenza di tipo mafioso dell’Istituto di vigilanza “Il Detective”. Non si comprende compiutamente, almeno per quanto mi riguarda, la giostra del giornalista che presumo sia del foglio “Centonove”, poiché transita da una posizione di comparaggio ad altra di legalità. Mi ripeto, per sgombrare il campo da emozionanti considerazioni, denuncio la mia incomprensione. Comunque, ho voluto, per mia scelta, lasciare inalterata la sporcizia raccontata nei minimi particolari dal signor Galizia, poiché pone in evidenza l’intreccio tra organi dello Stato sottomessi alla guisa di schiavi alla famiglia Basile in cambio di che cosa? Certo, inserire un ex generale della Guardia di Finanza, mi riferisco al FORMISANO, tra le divise sporche personalmente mi fa schifo. La stessa considerazione la estendo ai Prefetti e vice prefetti, a certa magistratura corrotta, al rettore dell’Università e a quanti altri abbiano concorso a consegnare “Il Detective” fraudolentemente e in violazione di legge alla famiglia Basile che pare abbia superato ogni limite di decenza grazie soprattutto al Ministro degli Interni, l’agrigentino voltagabbana Angelino Alfano, la cui abitazione oltre a essere accerchiata dai carri armati della Polizia, la famiglia Basile inviava sempre per la sorveglianza le guardie giurate. Deduco che il signor Ministro degli Interni sia amico speciale della famiglia Basile. Oltre ogni ragionevole dubbio, nella città di Messina agisce la “mamma santissima”, che occupa molto più concreto e documentato spazio di quella della consorella dello stretto, non sia stata oggetto d’attenzione da parte della Procura di Reggio Calabria ai sensi dell’art.11 del c.p.p., sostituito dall’art.1 della L. 2 dicembre 1998, n. 420, pubblicata sulla G.U. de 7 dicembre 1998. Voglio ricordare a me stesso che le leggi nel senso giuridico, poiché, cioè se ne possa esigere, i cui mezzi coercitivi spettanti al potere sociale, l’osservanza esteriore, sono regole obbligatorie imposte alle azioni umane da un’autorità alla quale è dovuta obbedienza. Sotto il quale
aspetto possono comprendersi nelle leggi in senso giuridico, oltre ai precetti dettati dal legislatore e che prendono il nome di leggi positive. Le leggi sarebbero, uso il condizionale, quelle regole obbligatorie che per l’interesse comune, dovrebbe essere imposte alla generalità dei cittadini senza escludere le famiglie onnipotenti che talvolta riescono a comprare con lo sporco denaro finanche i legislatori, secondo le costituzioni dello Stato vigenti. Le leggi sono formulate e deliberate dalla camera e dal senato e dovrebbero essere rispettate da tutti i cittadini non esclusi i legislatori che in abbondanza sono corrotti. Altra vergogna intollerabile è l’ordine degli avvocati che non rimedi a radiare dall’albo i venduti. Andremo fino in fondo, cioè finché non sarà resa giustizia ai soci de “Il Detective”.
Francesco Gangemi
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Messina - Le indagini del pm Nastasi coinvolgono funzionari della giustizia
Tra le altre cose il giornalista scrive:
- che nel proseguimento dell’ inchiesta giornalistica, a seguito della quale, avevano già accennato circa le gravi responsabilità da parte dei due funzionari di Prefettura (il vice-prefetto Maria Gabriella Ciriaco e Grazia La Malfa) rinviate a giudizio per rivelazioni di atti d’ufficio, in due distinti procedimenti, in concorso con il Vincenzo Savasta, si voleva rappresentare nel dettaglio quanto emerso a seguito del procedimento penale n.3950/2007, significando che i capi di imputazione contestati, non rispecchiano in nessun modo quanto di grave era stato accertato dagli investigatori del giudice Antonio Nastasi.
- che Il rinvio a giudizio dei due funzionari di Prefettura, rispetto al procedimento penale n.3950/2007, riguardava le rivelazioni da parte dei funzionari stessi, a Vincenzo Savasta di due denunce penali che la socia e e allora componente del CdA della società investigativa “Il Detective” Daniela Corio, aveva sporto alla Procura della Repubblica di Messina, nella persona del pm Antonio Nastasi e solo per conoscenza al Prefetto e al Questore di Messina;
- che per come accertato dagli investigatori del giudice Nastasi, emergeva sin dall’insorgere delle controversie, che qualsiasi atto d’iniziativa intrapreso dagli allora amministratori Daniela Corio ed Emanuele Galizia, o dalla Prefettura medesima, veniva immediatamente rivelato alla controparte o addirittura venivano programmate e studiate, iniziative o strategie varie, tali da determinare l’esito finale di ogni vicenda.
- che i fatti, in relazione a quanto emerso circa la rivelazione dei funzionari di Prefettura, non interessavano solo l’operato di Vincenzo Savasta, ma quello dei responsabili la società concorrente KSM, che si aggiudicava impropriamente gli appalti in essere alla società “Il Detective”, del Direttore dell’INPS di Messina, in occasione dell’assegnazione dell’appalto di vigilanza del medesimo Ente, sempre alla KSM, del responsabile del CNR di Messina, sempre per il comportamento scorretto nell’assegnazione dell’appalto di quei siti, ancora alla KSM, e fatti pertinenti a una grave denuncia sporta da una Guardia Giurata del Detective, nei confronti di un collega accusato di essere vicino alla signora Daniela Corio;
- che nella triste vicenda che aveva interessato la Prefettura di Messina, chi aveva sostituito nelle indagini il pm Nastasi, non ha tenuto conto delle responsabilità personali e penali del Prefetto, in prima persona, dal momento in cui, alla data dell’08.02.2007, riceveva per conoscenza le due denunce inviategli al pm Nastasi, senza ombra di dubbio di natura penale, nelle quali tra l’altro veniva avvisato dalla signora Corio Daniela che i suoi funzionari lo stanno inducendo in errore. il Prefetto cosa fa, molto impropriamente. Lo stesso giorno che riceve tali denunce, le dà proprio ai quei funzionari stessi, vice-Prefetto Ciriaco e La Malfa, che nella stessa mattinata le rivelano a Vincenzo Savasta;- il Prefetto, giacché erano citati i suoi funzionari, aveva l’obbligo di mantenere il segreto istruttorio in relazione alle due denunce, ed eseguire accertamenti riservati nel merito. Al contrario, il signor Prefetto, consegna subito le due denunce ai suoi funzionari, che rivelano il contenuto al Savasta Vincenzo, sempre la stessa mattinata, le rivela telefonicamente all’amico giornalista del “Centonove” Michele Spinella e all’amico Giovanni Capillo, noto, come già riferito, per il suo coinvolgimento in concorso con altri riguardo alla falsa delibera del 10.12.2007.- che lo stesso giorno il Vincenzo Savasta, molto impunemente e quindi dimostrando di avere avuto le rivelazioni immediatamente, presenta una richiesta scritta al Prefetto, per avere copia dalla Prefettura delle due denunce presentate. Sempre nella stessa mattinata, il vice prefetto Ciriaco, che naturalmente aveva appreso quanto denunciato da Daniela Corio, anche nei suoi confronti, prepara una lettera, a firma del Prefetto, che invia immediatamente al Procuratore Capo della Repubblica di Messina, ove si chiede d’intervenire pesantemente e penalmente nei confronti della signora Daniela Corio, che aveva avuto l’ardire di fare insinuazioni nei confronti dell’operato della Prefettura;- che per fortuna i fatti danno ampiamente ragione alla signora Corio Daniela, altrimenti chissà in quali sanzioni sarebbe incorsa;- che per quanto attiene la richiesta di Vincenzo Savasta volta a ottenere copia ufficiale delle due denunce, la Vice Prefetta vicario, dr.ssa Federico, cosciente trattasi di due denunce dirette alla Procura della Repubblica di Messina al pm Nastasi) e solo per conoscenza al Prefetto, si rifiuta di aderire a tale richiesta, asserendo che Savasta avrebbe dovuto richiederle alla Procura;- che di tale diniego Vincenzo Savasta, lo apprende telefonicamente dalla Vice Prefetta, dr.ssa Ciriaco, e in tale circostanza, come da trascrizione effettuata dagli investigatori, il Vincenzo Savasta minaccia la dottoressa Federico di gravi rappresaglie penali nei suoi confronti perché si era opposta alla sua richiesta;- che malgrado quanto sopra, in maniera veramente inopinata il Prefetto consegna ufficialmente le due denunce a Vincenzo Savasta, il quale, come emerge dalle indagini, le consegna all’avvocato Antonino Lo Giudice; che nel corso di una assemblea dei soci le consegna a Salvatore Formisano, che pone le due denunce in visione di tutti i soci e quindi deliberano azioni di responsabilità in danno di Daniela Corio e di Emanuele Galizia.- che nella vicenda il Prefetto abbia commesso un grave comportamento di natura penale, non v’è alcun dubbio, anche perché lo stesso Prefetto, non poteva affermare che fossero delle pratiche amministrative, sia perché dirette alla Procura e allo stesso solo per conoscenza, e soprattutto per il fatto che la Vice Vicaria Federico, nel rigettare la richiesta di Vincenzo Savasta di acquisizione atti, informa il Prefetto a mezzo relazione, soprattutto perché il s Questore dell’epoca, dr Mauro, nel ricevere per conoscenza le medesime denunce della signora Corio Daniela, scrive al giudice Nastasi e per conoscenza al Prefetto, se in relazione alle due denunce di chiaro carattere penale, avrebbe dovuto avviare indagini delegando la P- G., ove il giudice avesse le avesse delegate ad altra Polizia Giudiziaria;Il giudice Nastasi, risponde che le indagini pertinenti le due denunce penali, ha già dato delegato ad altra Polizia Giudiziaria;- che non si comprende perché, per molto meno, i disonesti sono denunciati per rivelazioni di atti d’Ufficio, mentre il signor Prefetto causa di tutto quanto avvenuto, niente; il giornalista del Centonove e il Giovanni Capillo, che hanno ricevuto gli illeciti dal Savasta, niente; come pure l’avvocato Antonino Lo Giudice, Salvatore Formisano e tutto il CdA che hanno utilizzato impropriamente tali denunce per vendette nei confronti del signor Galizia e della signora Daniela Corio, niente;- che ovviamente le indagini che si sarebbero dovute svolgere sulle più volte citate denunce, sono state fortemente compromesse = = = = = = = = = = = = = ==Messina - Il malaffare serpeggia dove non dovrebbeContinua la nostra inchiesta sulle vicende della società "Il Detective" circa le collusioni di apparati dello stato, Funzionari di Prefettura, e funzionari dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato a MessinaTra le altre cose il giornalista scrive:- che alla luce di quanto, sin qui emerso dalla copiosa documentazione relativa alle conclusioni indagini del procedimento penale nr.3950/2007, non si poteva non tenere conto che il comportamento dei funzionari di Prefettura, con a capo il Prefetto Alecci, non si era limitato alle sole rivelazioni d’atti d’Ufficio, ma anche attraverso azioni e omissioni, al fine di favorire la controparte, in ordine a decisioni e risultati di estrema importanza, che avevano determinato le sorti relative alla gestione della società. - che l’operato dei funzionari di Prefettura (Il Vice-Prefetto Maria Gabriella Ciriago e la funzionaria Graziella La Malfa), alquanto censurabile, aveva prodotto ingenti danni agli attuali amministratori e soprattutto alla società di vigilanza, avendo influito, in maniera irreparabile sulle decisioni gestionali della stessa, mentre al contrario, nel contesto, i predetti funzionari avrebbero avuto l’obbligo morale e civile di svolgere le proprie funzioni in maniera neutrale, senza parteggiare da una parte o da l’altra, così come purtroppo si era verificato.- che a ragione di questo, il 9 Giugno 2008, la Guardia di Finanza, inviava una nota, alla Procura della Repubblica di Messina (all'attenzione dei sostituti Procuratori Nastasi e Sciglio), con la quale informava che dalle indagini in corso, erano emersi fatti di rilevanza penale che avevano visto coinvolti funzionari del locale Ufficio Territoriale del Governo- Ufficio Polizia Amministrativa, e che in alcuni casi avevano tratto in inganno lo stesso Prefetto;- che la Guardia di Finanza asseriva che nel contesto i Funzionari di Prefettura avevano posto in essere azioni ed omissioni per avvantaggiare palesemente Vincenzo Savasta e il suo entourage, nella controversia societaria relativa alla gestione della società investigativa "Il Detective". - che sempre a quanto riferito dalla Guardia di Finanza, lo stesso Vincenzo Savasta, per il raggiungimento dei suoi scopi, si era inoltre avvalso della fattiva ed ingannevole collaborazione dell’avvocato Antonino Lo Giudice, e che nella vicenda societaria il comportamento dei funzionari (Ciriago e La Malfa) nell’espletamento dei loro compiti istituzionali, appariva non obiettivo ma al contrario sicuramente compiacente nei confronti del medesimo Vincenzo Savasta, dell’avvocato Antonino Lo Giudice e di Salvatore Formisano;- che era chiaro che alla medesima data della delibera falsa del 123%, la stessa veniva consegnata dall’avvocato Antonino Lo Giudice alla Dottoressa Ciriaco, che aveva come strategia di revocare inopinatamente la licenza di Polizia a Emanuele Galizia, per darla a Salvatore Formisano, come puntualmente avvenuto il giorno successivo 11 dicembre 2007, grazie a tale delibera che oltre ad essere palesemente falsa non era registrata presso la CCIAA competente e quindi non resa pubblica agli altri soci;- che la Guardia di Finanza nel prosieguo dell’informativa del 9 maggio 2008, asseriva che in data 12 settembre 2007, la società investigativa "Il Detective", aveva stipulato un contratto d’affitto, con l’Istituto di Vigilanza Vigilnot Sicilia S.r.l., nella persona del legale rappresentante Antonino Romano.- che in merito l’Ufficio Territoriale Governativo era stato interessato per il riconoscimento del medesimo affitto d’azienda tant’è che nelle more di una decisione, con note del 23 novembre 2007 e 12 dicembre 2007, aveva interessato per un parere il Ministero dell’Interno- Dipartimento della Pubblica Sicurezza e l’avvocatura Distrettuale dello Stato di Messina.- che per quanto appurato inoltre dalla Guardia di Finanza, le attenzioni di Vincenzo Savasta, dell’avvocato Antonino Lo Giudice e dello stesso Salvatore Formisano, motivo per il quale si erano rivolti al Tribunale Civile di Messina, in quel momento, erano rivolte all’affitto d’azienda, e che l’avvocato Antonino Lo Giudice per guadagnare tempo, aveva presentato presso la Prefettura medesima, atti di dubbia validità legale, quale la revoca unilaterale del contratto d’affitto d’azienda, inducendo così in errore anche i funzionari della Prefettura stessa.- che neppure la Guardia di Finanza, si accorgeva che tra i documenti di dubbia validità, quello maggiormente determinante che l’avvocato Antonino Lo Giudice aveva prodotto era il verbale di assemblea falso del 10 dicembre 2007;- che tale scoperta veniva alla luce solo nel 2010, allorquando si accorgevano di detto verbale gli attuali amministratori che ovviamente sporgevano le relative denunce alle autorità di competenza, senza che nessuno ad oggi osi pronunziarsi per dare una risposta a quanto denunciato.- che intanto il gruppo Savasta-Lo Giudice-Formisano era stato abile e libero di utilizzare tale delibera, nonostante priva di ogni legalità, depositandola prontamente al Giudice civile, per ottenere in primo luogo la ratifica delle due precedenti delibere, che lo stesso magistrato aveva reso nulle, con le quali i predetti avevano cercato fraudolentemente di porsi al comando dell’azienda; ed in secondo luogo per ottenere con la medesima, il giorno successivo la licenza in favore di Salvatore Formisano, e quindi il sequestro d’azienda in loro favore;- che detta delibera incriminata (10 dicembre 2007) pur essendo palesemente fraudolenta, era stata registrata presso la Camera di Commercio solo dopo circa tre mesi, per poi essere utilizzata anche al fine di ottenere il sequestro d’azienda ad opera di altro giudice del Tribunale Civile. - che non si avvedeva come la CCIAA di Messina, pur possedendo tutti i reali dati societari (soci e rispettive quote sociali detenute) non aveva riscontrato le evidenti irregolarità di detta delibera, procedendo addirittura alla sua registrazione.;- che le responsabilità sulla delibera incriminata in questione, si espandono sempre di più e che la stessa considerazione era da farsi anche per il perito Corrado Taormina nominato dal Tribunale di Messina, che nell’ambito del procedimento penale in argomento, aveva redatto una perizia sulla base di artificiosi verbali di assemblea e documenti che il gruppo era stato abile a fare trovare al predetto perito (sono stati infatti alienati i documenti giustificativi e reali quali buste paga, contratti di lavoro, ed altro, che comprovavano la corretta gestione (periodo da agosto ad ottobre 2007) degli attuali amministratori);- che lo stesso consulente si era lasciato influenzare nella redazione della perizia esprimendosi addirittura esattamente come la controparte a sempre voluto far credere, lasciandosi andare anche a valutazioni che verosimilmente non erano di sua competenza, soprattutto nell’asserire che “le vicende societarie erano scaturite da una lotta tra le sorelle Corio”;- che lo stesso perito inoltre doveva spiegare come, pur avendo visionato nell’anno 2008 e citato nella sua perizia la predetta delibera falsa del 10 dicembre 2007, non si era accorto della sua palese falsità, significando che una maggiore sua oculatezza, avrebbe sicuramente potuto evitare o quanto meno arginare, il disastro a cui era andata incontro la società;- che tutto ciò era accaduto nel momento in cui il giudice Nastasi (che aveva assicurato la tutela della società attraverso le sue indagini) veniva trasferito in altra sede e dal momento in cui il Tribunale di Messina non adottava alcuna iniziativa atta a tutelare la società, malgrado dalle indagini in corso, si evidenziava senza alcuna ombra di dubbio che le reali intenzioni del gruppo Savasta, erano quelle di svuotare i conti in attivo della società e di far transitare tutti gli appalti in essere alla concorrente KSM di Palermo per procedere infine alla chiusura della medesima azienda.= = = = = = = = = = = = = = =Testo articolo del 18.12.2012: (Vedi all.nr.22)Messina - Il malaffare serpeggia dove non dovrebbeContinua la nostra inchiesta sulle vicende della società "Il Detective" circa le collusioni di apparati dello stato, Funzionari di Prefettura, e funzionari dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato a MessinaParte QuartaTra le altre cose il giornalista scrive:- che a ulteriore riprova, di quanto riferito nelle precedenti pubblicazioni, nel prosieguo della informativa del 09.06.2008 la Guardia di Finanza registrava che alle ore 12.13 del 16/01/2008, non appena il Prefetto aveva emesso la comunicazione di avvio di procedura (per il riconoscimento dell’affitto d’azienda), suo malgrado, avendo ricevuto il parere favorevole dell’avvocatura dello Stato, la dottoressa Ciriago chiamava Savasta al telefono (e non aveva alcun motivo per farlo dal momento in cui la persona interessata alla notifica era il Formisano Salvatore quale amministratore pro-tempore), e gli comunicava che doveva notificare l’avvio del procedimento al Formisano Salvatore, in quanto il Prefetto aveva riconosciuto l’affitto d’azienda, - che la risposta di Savasta alla dottoressa Ciriago, lasciava perplessità agli investigatori, dal momento in cui, lo stesso, era a conoscenza di un ulteriore parere dell’Avvocatura dello Stato, nella persona dell’avvocato Grasso, che stava elaborando, e che sarebbe stato diverso dal primo sulla scorta di nuova documentazione che loro avevano prodotto alla stessa avvocatura dello Stato;- che il Savasta aggiungeva inoltre che l’avvocatura dello Stato nella persona dell’avvocato Grasso aveva avuto una riunione all’Università e in quella sede avrebbero parlato dell’affitto d’azienda;- che nell’occasione, il comportamento della dottoressa Ciriaco, non era certamente normale, perché la funzionaria anziché procedere alla notifica della comunicazione dell’avvio di procedimento nei confronti del Formisano Salvatore, suggeriva al Savasta che Lei avrebbe mandato la comunicazione al Formisano, via posta raccomandata, così si sarebbe guadagnato del tempo utile, in attesa della decisione del Giudice Civile prevista per giorno 30 Gennaio (sequestro d’azienda) e che in ogni caso quando il Formisano in qualsiasi momento voleva recarsi in Prefettura, lei gli avrebbe consegnato una copia della comunicazione del signor Prefetto, in via informale, senza procedere alla notifica dello stesso;- che ancora più grave, la dottoressa Ciriaco chiedeva al Savasta, come poter notificare la comunicazione al Formisano, il quale in un primo momento le dice che manderà il cavaliere Formisano in Prefettura, per la notifica a personam e successivamente, dopo che la stessa dottoressa Ciriaco le prospettava le modalità di notifica attraverso la posta raccomandata, al fine di guadagnare tempo e arrivare alla fatidica data del 30 gennaio (udienza presso il Tribunale Civile per il sequestro d’azienda), il Savasta da l’ok per la notifica attraverso la posta raccomandata precisando che il Cavaliere Formisano, ugualmente andava in Prefettura;- che infine la Dottoressa Ciriago, informava il Savasta che per i motivi di cui sopra aveva cercato di mettersi in contatto con l’avvocato Lo Giudice, senza riuscirvi.;- che la Cirieco informa il Savasta, che Lei purtroppo doveva notificare (a Formisano), perché il Prefetto aveva riconosciuto l’affitto d’azienda, e pertanto come sopra detto, la Ciriago, che non riusciva a parlare con l’avvocato Lo Giudice, prendeva accordi con Savasta, su come notificare l’atto a Formisano in ritardo naturalmente. - informati sulla determinazione che il Prefetto intendeva adottare, in base a parere dell’avvocatura dello stato del 28 Dicembre. La Ciriago rispondeva: “….E chi gliel’ha dato il parere?...io non gliel’ho dato”.Savasta spiegava chiaramente alla Ciriaco, che il parere era diverso, in base alle accordi stretti con l’Avvocatura.- Che nel riprendere quanto sopra pubblicato in relazione alla predetta conversazione telefonica tra Vincenzo Savasta e il vice-prefetto Maria Gabriella Ciriago, il tenore della stessa apparriva molto più eloquente e grave di quanto in sintesi spiegato dalla Guardia di Finanza, e non vi era alcun dubbio, sul rapporto di assoluta sudditanza del vice-prefetto e di Graziella La Malfa, nei confronti dell’avvocato Antonino lo Giudice, di Vincenzo Savasta e di Salvatore Formisano;- che la stessa conversazione dimostrava chiaramente che le funzionarie di Prefettura, non si facevano alcun scrupolo di fornire alla controparte documentazione riservata (e non certamente solo le due denunce sporte di Daniela Corio), ma si spingevano ben oltre.Infatti il vice-prefetto Ciriago, non appena avuto contezza dell’avvio di procedimento anzi detto, subito si era premurata a mettere a conoscenza gli stessi e a concordare come perdere del tempo utile per la notifica a Salvatore Formisano, anche se allo stesso ne avrebbe consegnato una copia informale. La Ciriago addirittura ne dava copia anche alla G.p.g. Carmelo Castorina (fidatissimo di Vincenzo Savasta), in modo da farla avere in visione al Savasta e poi bruciarla come su sua espressa raccomandazione;- che ancora più grave, Vincenzo Savasta sempre nel corso della stessa conversazione con il vice-prefetto Ciriago, dimostrava addirittura di conoscere anzitempo le determinazioni che il Prefetto avrebbe adottato.; - che inoltre il Savasta comunicava alla dottoressa Ciriaco, circa i contatti avuti con l’avvocato Grasso dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Messina, che in maniera molto inopinata avrebbe dovuto ribaltare il precedente parere richiesto e già espresso al Prefetto; - che gli stessi Funzionari di Prefettura, erano perfettamente a conoscenza e costantemente informati da Vincenzo Savasta, dall’avvocato Antonino Lo Giudice e da Salvatore Formisano, delle riunioni che si tenevano presso l’Università di Messina con il predetto avvocato Grasso, al fine di concordare le modalità del nuovo parere da esprimere, tanto che la Ciriaco dava la propria disponibilità a Savasta, di parlare, sia con l’avvocato Grasso che con il Direttore Amministrativo dell’Università di Messina, non si capiva a quale titolo, tale interesse da parte del vice-prefetto Ciriago e il motivo per il quale l’Avvocatura dello Stato doveva cambiare un parere già espresso al signor Prefetto e su sua richiesta, e per quale motivo questo ulteriore parere doveva essere concordato con una delle parti in causa, invece di mantenere imparzialità dovuta;- che il grande problema del gruppo Savasta era quello di riuscire a incassare denaro delle attività di vigilanza presso i siti dell’Università di Messina per milioni di Euro, in quanto nell’incertezza del titolo alla gestione societaria avevano bloccato i pagamenti, e così come il Prefetto anche l’Università aveva chiesto in merito un parere all’avvocatura Distrettuale dello stato di Messina.La “casta” composta dall’avvocato Antonino Lo Giudice, Vincenzo Savasta, Salvatore Formisano, dai funzionari di Prefettura, dai funzionari dell’Università di Messina e da alcuni componenti dell’Avvocatura Distrettuale dello stato, lavoravano tutti insieme per cercare di ribaltare un parere già espresso e inviato al Prefetto sfuggito al loro controllo.
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