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IO NON MI AMMAZZO

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  • 13 ott 2016
  • Tempo di lettura: 5 min
PUBBLICHIAMO VOLENTIERI LA LETTERA INVIATACI DA UN NOSTRO CONCITTADINO CHE NON TROVA PIU’ SPAZIO IN QUEL PEZZETTO DI SOCIETA’ CIVILE CHE STENTA A SOPRAVVIVERE
Caro amico mio, condivido tutto quello che è scaturito dal Tuo cuore. Non parlare di suicidio. La vita è sacra è bisogna viverla con tutte le difficoltà che giorno dopo giorno inesorabilmente si sovrappongono. E poi il suicidio sarebbe una sconfitta e una vittoria di una classe politica disonesta, incolta e incapace di governare. Poche eccezioni a parte, sa solo rubare! Coraggio giovane! Ci saranno tempi migliori poiché Dio non ci abbandonerà. Un abbraccio e ancora coraggio.
Francesco Gangemi
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Siamo agli inizi degli anni sessanta e un giovane intraprendente decide d’avviare la sua prima attività imprenditoriale. Da subito riscuote un meritato successo e lo induce ad avviarne una seconda e una terza. La sua famiglia cresce e lo accompagna nella conduzione delle sue imprese. I figli sono stati istruiti a operare seguendo l’esempio paterno, tant’è che si inseriscono nel settore commerciale in diversi ambiti, riscuotendo anch’essi meritati successi.
Oggi, lo stesso imprenditore che nel corso degli anni ha impresso una forte spinta sul fronte occupazionale in città, si sente stanco e provato dalle mille difficoltà e i suoi figli, tutti con attività commerciali proprie, vivono il peggiore periodo della loro esistenza.
Chi scrive è uno dei figli. Nel primo decennio l’attività è fiorente da concedere notevoli soddisfazioni. Fino a quando l’incalzante crisi economica non mina quegli equilibri faticosamente costruiti nel corso degli anni.
La crisi mondiale, avvertita maggiormente a livello nazionale e maggiormente in questa città di Reggio disperata, vanifica anni di duro lavoro. La Calabria, da sempre trascurata dai governi centrali, ha manifestamente accusato l’erosione economica in maniera amplificata, subendo la devastazione delle realtà locali: aziende chiuse o fallite, personale licenziato, famiglie in condizioni d’estrema povertà, aumento della criminalità, suicidi.In questo già disastrato contesto, s’è assistito a riprovevoli scandali politici, a discutibili connubi tra malavita, e gestione degli affari pubblici volti all’arricchimento fraudolento o per potenziare il proprio “prestigio”, così depauperando la comunità dei propri diritti.La malagestio della cosa pubblica, ha determinato il collasso delle attività. Diversi comuni sono stati commissariati. Il più eclatante caso a Reggio Calabria, il primo consiglio comunale di un capoluogo di provincia sciolto per contiguità mafiosa senza sapere chi fossero i mafiosi.Il nostro trio di commissari, incaricato d’affrontare i problemi del bilancio comunale e appianare le perdite, ha ben pensato d’utilizzare uno strumento impopolare, ma efficace: aumentare le aliquote dei tributi locali, facendo lievitare in misura abnorme i costi di acqua e rifiuti solidi urbani gettando nella disperazione tutta la cittadinanza, consapevole che tale onerosità non è commisurata né alle possibilità economiche di ciascun cittadino, né alla qualità dei servizi. Che sono pessimi specie per la pulizia della città e per la carente erogazione dell’acqua.Da qui il lacerante dilemma. Continuare a vivere con il poco disponibile, acquistando i generi alimentari necessari e i farmaci per garantirsi il ridottissimo diritto alla salute o trascurare questi vitali passaggi per ottemperare ai pagamenti imposti dal Comune? La correttezza dei singoli e l’incubo d’incorrere nelle “punizioni” della tanto temuta Equitalia che ha indotto i cittadini a privarsi d’ogni bene, a indebitarsi, a anteporre il versamento dei tributi a qualsiasi altra necessità e determinando una brusca frenata a quei consumi - già crollati per la crisi - che in un’economia florida assicurano il buon andamento delle attività.Se già a livello nazionale è stata riconosciuta una crescita più bassa rispetto alle previsioni, se le stime del 1,1% d’aumento del Pil per il 2016 sono oggi ritenute troppo ottimistiche in funzione all’andamento dell’economia nazionale, cosa ci si può aspettare da una città come la nostra che sta pagando le conseguenze delle cattive amministrazioni? Per ritornare al tema “tributi locali”, è importante sottolineare che a marzo 2009 la Giunta Comunale ha deliberato, con la ratifica del Consiglio Comunale, l’esenzione totale per un quinquennio dal pagamento dei tributi comunali Ici e Tarsu, a vantaggio di imprese rese oggetto di attentati, atti vandalici ed estorsioni. Orbene, diverse proprietà mobiliari e immobiliari del mio gruppo di imprese, nel corso degli anni ha subito svariati atti intimidatori regolarmente denunciati alle Autorità di P.G., ma tenuto conto che la delibera comunale era stata poco divulgata, solo agli inizi del 2011 sono state presentate le istanze per l’ottenimento dell’esenzione dei tributi Ici e Tarsu, e così di seguito per i successivi quattro anni, fino a tutto il 2015.I vari ricorsi sono stati discussi in Commissione Tributaria e, circostanza che genera non poche perplessità, alcuni sono stati accolti e altri rigettati, mettendo in discussione il carattere univoco della legge stessa.Per l’anno in corso si è riproposto il medesimo problema: dover tenere conto degli importi spropositati rispetto agli incassi derivanti dalle proprie attività. Gli uomini di buona volontà rinunciano a ogni altra spesa per racimolare il necessario per i pagamenti. Il fondo del barile è stato già raschiato e diventa improbabile riuscire a ottemperare ai propri doveri di onesti cittadini. Cosa fare? Si pensa di chiedere un prestito a un congiunto che, pur tra mille difficoltà, non riesce a negarlo. Si va avanti pensando già alla prossima scadenza. Come non pagare e non sentirsi angosciati per lo spettro Equitalia? Come evitare di pensare che la propria attività possa chiudere da un momento all’altro? Come evitare di pensare a quei dipendenti che nel corso dell’ultimo quinquennio le imprese di famiglia sono state costrette a licenziare? E a quante ancora ne seguiranno?Chi sostiene le aziende se i cittadini sono senza lavoro?La città di Reggio Calabria è ormai morta. A nessuno importa delle sue sorti. Siamo stati abbandonati al nostro destino. Nessuno s’è curato di tentare l'alleggerimento della pressione fiscale. Ognuno di noi è a rischio povertà. Le aziende sono destinate alla chiusura o al fallimento, perché le istituzioni sono sorde e mute agli appelli lanciati dalla popolazione in difficoltà, tranne poi a porgere le sentite condoglianze alle famiglie delle persone suicidatesi per disperazione o sull'onda della commozione del momento, fare promesse che puntualmente sono disattese.Siamo tutti stanchi delle promesse non mantunte, fatte dai vari governi centrali e locali. Abbiamo bisogno di risposte concrete, d’interventi utili per tutti i cittadini, privati e imprese. Abbiamo necessità di riavere la nostra dignità che oggi ci viene calpestata.Se tutto ciò non avverrà, se chi può e deve non interviene - lo Stato, la Regione, il Comune - abbia sulla coscienza le brutte sorti di questa città e per ogni suicidio, fallimento, chiusura d’attività. Il licenziamento sarà ritenuto moralmente e politicamente responsabile!Analoga considerazione va operata nell'ipotesi in cui le mie attività non siano in grado a sostenersi - circostanza più che probabile - e subiscano qualsivoglia pregiudizio.Angoscia è la parola che racchiude lo stato d’animo di ogni reggino onesto. Di quei cittadini perbene, sono tanti, ma sono diventati ostaggio d’una manciata di delinquenti che dispongono del potere di decidere le sorti d’una intera comunità, a proprio personale vantaggio e senza il benché minimo scrupolo.I sottoscritti hanno ritenuto doveroso esporre quanto sopra allo scopo di evidenziare alle Autorità competenti il profondo disagio nascente oltre che dalla crisi economica in cui versa la cittadinanza, dalla percezione della mancanza di tutela dei diritti fondamentali sanciti nella Carta Costituzionale e della dignità umana.


 
 
 

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