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PALERMO – MESSINA L’INTOCCABILE (FINO A QUANDO?) FAMIGLIA BASILE PUR D’IMPOSSESSARSI DELL’ISTITUTO D

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  • 9 set 2016
  • Tempo di lettura: 7 min

Ho invocato l’intervento della Procura di Reggio Calabria ai sensi dell’art.11 del c.p.p. su quella di Messina poiché le angherie giudiziarie che stanno subendo i titolari dell’Istituto di Vigilanza, oramai passato sotto il dominio dell’intoccabile famiglia Basile. La procura di Reggio potrà, ove si dovesse decidere d’imporre un minimo di legalità, gli ex titolari de “Il Detective” per l’acquisizione della documentazione comprovante la mafiosità della famiglia Basile e la sua interferenza su certa magistratura messinese. Comunque, una volta terminata la mia inchiesta giornalistica, mi premurerò di presentare un esposto denuncia anche al CSM oltre ovviamente al procuratore della città smarrita. Non è concepibile che Palermo nonostante le denunce ricevute sulla famigerata famiglia Basile da parte di cittadini che hanno subito vessazioni e minacce, non avvii una serie indagine sulla mafia che caratterizza l’attività in tutti i settori della vita sociale ed economico/finanziaria. I quarantaquattro anni di latitanza di Provenzano e la sceneggiata della sua cattura che sarebbe stata organizzata da Pignatone che quando transitava nei corridoi della Procura di Palermo, il dr Falcone, consegnato ai suoi assassini, chiudeva finanche la porta del suo ufficio per evitare di vederlo e dal suo staff – questa è la mia convinzione – e il mancato ritrovamento del tesoretto del mafioso e altre latitanze – Messina Denaro - che addirittura scelgono rifugio nelle pale eoliche, sono i misteri che caratterizzano Palermo e le sue istituzioni. Quando entreremo nel cuore della vicenda “Il Detective”, qualcuno dovrà vergognarsi. Lei Angelino Alfano, agrigentino, è d’accordo avendo finanche ricevuto la vigilanza della sua abitazione non solo dai carri armati della Polizia, finanche delle guardie giurate della famiglia Basile?


I FATTI

Non è stata facile, anzi, impossibile dei titolari de “Il Detective”, amministrare l’istituto di vigilanza a tal punto da far maturare la decisione del titolare a rassegnare le dimissioni. Giacché dopo il decesso del signor Corio Antonino e il subentro della di lui moglie, signora Privitera Antonina, senza alcuna esperienza in tale attività e soprattutto perché le era stato diagnosticato un grave tumore al cervello, gli sciacalli tra loro associati per delinquere al fine di raggiungere interessi personali nonostante fossero stati ostacolati dal signor Galizia in sostituzione della signora Antonina. Qual’era lo scopo dell’associazione? Continuare a lucrare sulla gestione societaria. Le indagini della Guardia di Finanza delle quali ne parleremo in seguito, chiariranno compiutamente le determinazioni dell’associazione per delinquere, manovrata dall’ex generale Formisano al servizio dell’indisturbato padrone Basile. Fino a quando? L’associazione per delinquere è stata in grado grazie alle coperture a tutti i livelli cui godeva, di mettere in forte dubbio la cattiva gestione economico/finanziaria dell’Istituto, addebitandola a fantasiosi contrasti tra le socie Corio. In sostanza, i veri truffaldini agli ordini del padrone palermitano sono il Savasta Vincenzo, l’avv. Antonio Lo Giudice, il Fomisano e altri non esclusi marito e moglie Corio Antonina e Marco Lenci. Tali galantuomini, con la promessa di corpose somme di denaro, avrebbero voluto coinvolgere nei loro disegni criminosi le socie Corio Natale e Cristina, senza riuscirci. Lungo la loro tortuosa strada, i delinquenti tra loro associati non s’aspettavo d’imbattersi in un ostacolo difficilmente superabile, costituto dalla fermezza e dalla decisione d’andare fino in fondo al fine di tutelare i legittimi interessi dell’azienda, della socia, signora Corio Daniela.


LA DECISONE

Il signor Galizia, resosi consapevoli delle difficoltà frapposte alla gestione dell’azienda, e per evitare d’intrecciare compromessi con personaggi di dubbia mortalità, convoca le socie, signore Corio Daniela, Natala e Cristina, alle quali rappresenta l’intenzione di dimettersi e quindi l’urgenza della convocazione dell’assemblea allo scopo di rassegnare formalmente le sue dimissioni. Oltretutto perché era nella Polzia e, pertanto, a suo dire non era più disponibile a sostenere l’operato di una società che nel passato gli amministratori non avrebbero operato in osservanza ella legalità. Le cose andarono diversamente da come le aveva prospettate l’ex poliziotto.


IL CORAGGIO DEI SOCI

Infatti, le socie Corio Daniela, Natale e Cristina, esortano il Galizia a non lasciare l’incarico e lo mettono a conoscenza di essersi rivolte alla Procura della Repubblica di Messina, dove il 6 giugno 2007 hanno depositato una corposa querela in danno dei precedenti amministratori e soci così dimostrando la loro determinazione di collaborare con la giustizia per gli eventuali reati che sarebbero emersi a carico della precedente gestione societaria e di conseguenza intraprendere l’attività nel segno della legalità.


IL RITORNO

L’ex poliziotto dopo aver ascoltato le socie prima indicate, e soprattutto per i suoi trascorsi nella pregressa attività di P. G., decide a non dimettersi pur cosciente delle difficoltà che avrebbe dovuto superare e avendo preso contati con la P.G. della G. di F., delegata alle indagini dai sostituti dottori Antonino Nastasi e Adriana Ciglio. L’ex poliziotto inizia così una rapporto privilegiato di collaborazione con il Luogotenente, Smedile Giuseppe. Al quale l’ex poliziotto e le socie forniscono allo Smedile tutta la documentazione rivenuta nell’archivio della società di rilevante importanza investigativa.


LE TANGENTI FINANCHE ALLA MOGLIE DEL RETTORE DELL’ATENEO MESSINESE

E’ stato consegnato al Luogotenete Smdile, un blocco notes rinvenuto dalla signora Daniela Corio nel quale erano riportati nomi, e soldi pagati per presunte tangenti dai precdenti amministratori finanche alla moglie dell’allora Rettore dell’Università, tale, se non mio sbaglio, Tomaselli. Giacché l’ateneo rappresentava un corpo introito a il “Detective”, per la vigilanza di tutti i siti di pertinenza dell’ateneo. Fu cos’ che la moglie del rettore fu sottoposta ad indagini e nonostante le prove riscontrate, la consorte del rettore rimase illesa da eventuali provvedimenti giudiziari. Inoltre Galizia e la signora Daniela, non hanno avuto esitazioni a denunciare Corio Maria Cristina, moglie di Gimellaro Giuseppe, essendo venti a conoscenza che i coniugi in cambio di assunzioni pretendevano mazzette. Il Gimellaro, in seguito alla contestazione del reato, ha imposto alla propria moglie d’abbandonare il C. di A. e incassare la propria quota societaria che trasferiva al Formisano. Intanto, si dimetteva la signora Corio Natala dal C. di Am. Essendosi accorta d’essere stata raggirata. Che casino! Nell’anno del Signore 2007, accade che delle guardie coartate dal Formisano. Si danno ammalati e si rifiutano di espletare lavoro straordinario ponendo la società in seria difficoltà.


IL FIUTO DELL’EX POLIZIOTTO

Fa finta d’essere dalla parte dei ribelli fino a convincerli a riprendere servizio e finanche lo straordinario.


PUNTO E A CAPO

Egli è che dopo il rientro della guardie, si presentato nella società gli avvocati Antonio Lo Giudice e Danilo Albanese, assieme al commercialista, Capillo Giovani. Esibiscono al poliziotto e alla coraggiosa Corio Daniela, un verbale probabilmente fasullo del C. di A. (Corio Antonina e Natala trasvolano l’oceano e s’inginocchiano ai piedi di Formisano in Basile). In quel verbale si attesta falsamente che le Corio sono titolari di quote sociali pari al 52,50% invece del 50%) così suddiviso: Corio Antonina il 22,50%, Natala il 22,50%, Savsata il 5% = il 51%.


LA DELIBERA FALSA

La delibera fraudolentemente inverte i ruoli societari. Il signor Galizia e alla socia Corio Natala ricoprono il ruolo che detenevano, dal C. di A. sono invece defenestrate le socie Corio Cristina e la indomabile Corio Daniela, sostituita da Corio Antonina. Ciò avviene poiché l’avvocato Antonino Lo Giudice, avvisato dalle Guardie Giurate fedelissime al suo amico Savasta Vincenzo, ha la certezza che il signor Galizia è passato dalla loro parte. Il quale, nel corso dell’incontro è invitato a firmare la falsa delibera con la formulazione di riconoscimenti nei suoi confronti quale persona di alta professionalità e per tali rare virtù prescelto come “il cavallo giusto”, per la gestione societaria.

A quel punto, il signor Galizia, con la scusa di dover fare una telefonata, usciva dall’Ufficio e lasciava da soli i falsari ignari d’essere registrati. I quali esprimono soddisfazione per l’ingaggio del Galizia lasciandosi andare a commenti quali: “gestiremo tutto noi, le sorelle non devono mettere piede qua dentro; ognuno di noi guadagnerà soldi con le consulenze e altro”. Amen.


Alla fine il signor Galizia, altro non poteva fare, che rientrare nel proprio Ufficio, dal quale allontanava in malo modo i predetti interlocutori, rivelandosi in effetti quale persona ostile agli interessi degli stessi e da quel momento iniziava il suo calvario, e quello della signora Corio Daniela, sino ai giorni odierni, malgrado lo scrivente anche in tale occasione presentava denuncia al Nucleo della Guardia di Finanza della procura di Messina,riferendo quanto accaduto e allegando copia della registrazione.

Tra l’altro in soli tre mesi di gestione e cioè dall’Agosto del 2007 all’Ottobre del 2007, come era possibile e immaginabile che il signor Galizia Emanuele e i componenti del suo C.d.a, potevano commettere tutti i crimini di cui venivamo indebitamente accusati, dal momento in cui nello stesso periodo fornivamo all’A.G. attraverso la Guardia di Finanza, una quasi quotidiana collaborazione proprio al fine di tutelare la società.

Come potevamo pensare minimamente di lucrare con la gestione societaria, dal momento in cui loro stessi, allorquando ci eravamo resi conto, che diveniva difficile porre in salvo la società, da questi infidi personaggi, avevamo formulato formale richiesta a codesta Procura della Repubblica al fine di sottoporre a sequestro giudiziario, la medesima società, per farla gestire a persona neutra nominata dal Tribunale.


Purtroppo, su questo il Giudice Dott. Antonino Nastasi, rispondeva che non “ era necessario sottoporre a sequestro la società in quanto era tutelata dalle sue indagini”

Così purtroppo non era stato, perché la società, come si era preventivamente denunciato, oggi non esisteva più, ma il colmo dei colmi, era stato, che proprio chi si esponeva a proprio rischio, nell’estremo tentativo di salvaguardarla, oggi dovrebbe indebitamente rispondere di responsabilità di altri.

Ivi compreso per ultimo, addirittura citati per una azione di risarcimento danni per milioni di euro dal “curatore fallimentare” nominato dal Tribunale, addirittura in solidale con personaggi che sin’ora il signor Galizia ha sempre denunciato e combattuto.

Era veramente offensivo e calunnioso, nei confronti del signor Galizia, l’operato del curatore fallimentare della società Avv. Filippo Di Stefano a volere richiedere tale risarcimento addirittura “ in solidale ” con i predetti.

Lo stesso curatore, lasciava chiaramente intendere le proprie intenzioni, dal momento in cui nel corso di una riunione precisava “impropriamente” che “il penale era tutta un’altra cosa rispetto al civile “; anche se era a conoscenza di tutto, ivi comprese le denunce penali sporte nei confronti dei precedenti amministratori e dell’attività di indagine condotta dalla Guardia di Finanza nel corso del procedimento penale nr.3950/200


 
 
 

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