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Reggio: l'ultimo ciak!

  • FG/AM
  • 30 ago 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

Come sempre siamo i primi a dar voce alla gente, incuranti degli effetti che le nostre verità, senza dubbio, susciteranno l’astio degli addetti ai lavori. Spiace dirlo ma è così! Giustizia non è sinonimo di devastazione né mai ci auguriamo possa diventarlo. La macro-eventica cronaca reggina, che quotidianamente conduce gli inquirenti alla definitiva sprangatura delle saracinesche ove si produce attività, intesa come economia locale che, vuoi o non vuoi sfama migliaia di lavoratori dipendenti, molti dei quali onesti, potrà forse destare curiosità e sicura perplessità alla vista di un ignaro turista fantasioso, cioè capace di comparare la nostra città ad una location abbandonata, alla pari delle altre che in epoca remota hanno ospitato set di registi indimenticabili, o peggio ancora una misteriosa e suggestiva, quanto spettrale, “Ghost Town” ovvero “Città Fantasma”. Di contro, per i reggini, la cosa è ignobile, inaccettabile, e lo è ancor di più allorquando, sommessamente, inevitabilmente, conduce i cittadini onesti alla fuga di massa. Spiace ammetterlo, ma questa è la vera verità. Il reggino onesto non ha il coraggio di ribellarsi al malaffare, perché purtroppo, talvolta inconsciamente, è meccanicamente assoggettato ad un sistema deviato e corrotto che porta senza scampo a un binario morto, ISTITUITO, si consenta, dai cd “PERSONAGGI ILLUSTRI”, evidentemente MAFIOSI e così potenti da condizionare il governo nazionale in merito al consenso alla richiesta di arresto della procura reggina, ascritta giustamente, meglio ancora doverosamente, in capo agli stessi declamati onorevoli soggetti.

Siamo al paradosso, si pensi che ancora oggi un ex governatore regionale, implicato in diversi processi, scorazza scortato a suon di sirene avvalendosi di 2 auto blindate costosissime affiancato da uomini delle forze dell’ordine, mentre ai testimoni di giustizia, come Rocco Mangiardi, lo Stato garantirebbe la prosecuzione delle attività di tutela a condizione che le autovetture blindate siano fornite dallo stesso scortato. “E io pago.” Nto paisi i Giufà, dunque, si appalesa in tutta evidenza il sistema autoritario dei due pesi e delle due misure che, solo oggi, pare stia incominciando a scuotere le coscienze dei “REGGITANI”, perché vero è che <<…Chistu è u paisi i “m’incrisciu e mi ‘ndi futtu”>> ma solo fintantoché non si toccano le proprie tasche, nel senso stretto del termine. Non esiste altra accezione, la tasca del reggino è una soltanto, e si alleggerisce unicamente allorquando si perde il lavoro e quindi la possibilità di sfamare la propria famiglia. Non condividiamo l’indifferenza dei reggini al cospetto del latrocinio politico, morale e materiale, che si consuma quotidianamente ai danni degli stessi cittadini, ma non possiamo non schierarci al fianco delle famiglie che di punto in bianco rimangono senza un tozzo di pane per via della malagiustizia. Nessuno può stigmatizzare il prezioso lavoro della Procura reggina, così come nessun rappresentante dello stato dovrebbe cinicamente costringere un padre di famiglia a rubare per poter sfamare i propri figli, è innegabile d’altronde che ad ogni azione corrisponde una reazione e la fame gioca brutti scherzi. La ricorrente espressione dei malcapitati, ormai definitivamente licenziati, sembrano ormai uscite dal glossario delle frasi fatte. Non possiamo rimanere inermi, e lo stato ancor di più non dovrebbe esserlo, di fronte a coloro che senza enfatizzazione alcuna addivengono alla conclusione che si stava meglio prima che arrestassero i “MAFIOSI”, che di fatto, in sordina, reggevano l’economia locale assicurando lavoro a tutti, non solo agli amici degli amici. Si arrestino pure i malavitosi a condizione però che non si arresti l’economia della città con l’ormai consuetudinaria chiusura delle attività commerciali. A parer nostro la Procura ha il dovere di avvalersi di insigni amministratori, purché forestieri, capaci di assicurare il prosieguo delle attività economiche afferenti gli esercizi commerciali sequestrati, in piena libertà, lungi quindi, da accordare amministrazioni giudiziarie agli autoctoni disamministratori. Esempio eclatante il CTU Carlo Alberto Porcino e la fallita SOGAS S.p.A

E’ sotto gli occhi di tutti, del resto, il fenomeno dell’amministrazione giudiziaria locale a tempo determinato. E’ incontestabile cioè, che i pochi negozi condotti dagli amministratori della procura reggina, in brevissimo tempo, cessino ogni attività per la totale incompetenza degli stessi che, ufficiosamente, affidano la gestione economico finanziaria, badate bene, ai dipendenti dal manifesto spirito imprenditoriale. Cosa accadrà adesso, dopo l’ultimo ciak, dopo che l’immaginazione filmica lascia il posto alla realtà? Niente è per sempre, nel bene e nel male, le luci si spengono e a farla da padrone rimane un set abbandonato, dai turisti e dai residenti, pur sempre reggini ma bisognosi di un tozzo di pane.


 
 
 

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